II Domenica di Pasqua

Domenica – 23 aprile 2017 – Anno A
Parola del giorno: At 2,42-47; Sal 117; 1Pt 1,3-9; Gv 20,19-31

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI (Gv 20,19-31)

19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”. 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. 22Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”.
24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”.
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: “Pace a voi!”. 27Poi disse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!”. 28Gli rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. 29Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”.
30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

COMMENTO AL VANGELO
a cura di don Antonio Cecconi, accompagnatore spirituale Acli Pisa

In questo giorno il Vangelo racconta quel che avviene la sera di Pasqua nel luogo in cui i discepoli stanno nascosti per paura. Gesù entra a porte chiuse, si pone al centro, augura la pace, mostra le sue ferite di crocifisso, affida ai discepoli una missione analoga a quella conferitagli dal Padre (perdonare i peccati), soffia su di loro donando lo Spirito Santo. I discepoli sono pieni di gioia.

L’episodio si ripete, con alcune varianti, otto giorni dopo. C’è anche Tommaso, che non c’era la volta prima e non aveva voluto credere a quello che gli altri discepoli affermavano di aver visto. Nel nuovo incontro le porte sono ancora chiuse, il saluto di pace è identico ma di diverso c’è che Gesù invita proprio Tommaso a toccare con mano il segno dei chiodi e la ferita al costato. Tommaso tocca e crede, le sue parole sono la formula iniziale di quello che sarà il “Credo” cristiano. Gesù è proclamato non soltanto Signore, ma anche Dio. L’atto di fede di Tommaso è “il vertice del quarto Vangelo. Gesù non è solo il Signore risorto, ma colui che rende vicino e accessibile l’unico e invisibile Dio” (R. Fabris).

Tommaso, ponendo davanti agli appellativi Dio e Signore l’aggettivo mio (“mio Signore e mio Dio!”) non fa soltanto un’affermazione teologicamente esatta, ma soprattutto fa dell’atto di fede un incontro personale che diventa un legame con Gesù. Attraverso quel gesto si apre la strada della beatitudine per tutti quelli che – grazie anche all’iniziale incredulità di Tommaso – potranno credere anche senza aver visto e toccato.

E d’altra parte Giovanni, dopo aver scritto il quarto Vangelo, nella prima della sue lettere dirà di sé e degli altri discepoli: “vi annunciamo quello che noi abbiamo veduto con i nostri occhi e toccato con le nostre mani, ossia il Verbo della vita”.

In entrambi le “apparizioni” – parola da usare con estrema cautela, si tratta di tutt’altra cosa rispetto a quando la Madonna “appare” a Lourdes o a Fatima – la prima parola del Risorto è “Pace a voi!”. Non è un saluto di cortesia, Gesù non dice “Buonasera”. Il suo è un augurio che impegna i discepoli, quasi il manifesto programmatico di quel che dovranno fare da ora in poi annunciando Gesù risorto: la pace è il primo e definitivo frutto della vittoria sulla morte.

Se la morte è sconfitta, allora l’odio, le guerre, le fabbriche di violenza, il disprezzo della vita, l’ingiustizia che si accanisce sui più deboli non avranno l’ultima parola. “Se uno è in Cristo, è una creatura nuova, le cose vecchie sono passate” afferma Paolo. In questa stagione di morte – il conflitto siriano, il sangue versato degli attentati rivendicati dall’Isis, i morti ammazzati nelle guerre dimenticate sparse nel mondo – tocca ai credenti nel Risorto far diventare vere le affermazioni del Concilio che la pace sulla terra “è immagine ed effetto della pace di Cristo” (GS 78) e che siamo obbligati “a considerare l’argomento della guerra con mentalità completamente nuova” (GS 80).

La novità del Cristo pasquale non ha bisogno di parole, ma di uomini e donne che diventano davvero nuovi perché “costruttori di pace”.