L’uomo che disse no a Hitler. Josef Mayr-Nusser finalmente beato

Articolo di: Daniele Rocchetti, responsabile nazionale Vita cristiana Acli

“Giuro a te, Adolf Hitler, Führer e Cancelliere del Reich, fedeltà e coraggio. Prometto solennemente a te e ai superiori fedeltà e obbedienza fino alla morte. Che Dio mi assista”. Queste erano le parole che le giovani reclute dovevano pronunciare per far parte delle Schutzstaffel, le famigerate SS.
Il 4 ottobre del 1944, nella caserma di Konitz, nella città della Prussia occidentale dove era stato inviato, Josef Mayr-Nusser, arruolato di forza, si rifiutò di farlo.

Giurare per odiare, per conquistare, per sottomettere, per insanguinare la terra? Giurare per rinnegare la propria coscienza, giurare e piegarsi ad un culto demoniaco, il culto dei capi, innalzati a idoli di una religione sterminatrice?”, si chiese. “Signor maresciallo, io non posso giurare”.

Ad un compagno che gli disse di giurare perché tanto la guerra sarebbe terminata presto, Josef rispose: “Se mai nessuno ha il coraggio di dire loro che non è d’accordo con le loro visioni nazionalsocialiste, le cose non cambieranno”.

Un rifiuto e una scelta che pagò con la vita. Processato e condannato per disfattismo, alcuni mesi dopo fu spedito a Dachau. Dove non arrivò. La linea ferroviaria fu bombardata e il treno si fermò a Erlangen, appena sopra Norimberga, a quasi duecento chilometri dal campo di concentramento. Josef, spossato dalla fame e dalla dissenteria, muore, con il Vangelo tra le mani, sul treno, la notte del 20 febbraio 1945. Sepolto ad Erlangen, dopo 13 anni le sue spoglie sono portate a Bolzano, nella piccola chiesa di San Giuseppe, a Stella di Renon, un posto magnifico ad una ventina di chilometri dal capoluogo dell’Alto Adige.

Un credente credibile, provocatorio, scomodo

Josef Mayr-Nusser era nato trentacinque anni al Maso Nusser ai Piani di Bolzano. Quarto di sei figli, perde presto il padre, caduto nella Grande Guerra. Scuole commerciali, grande passione per la lettura, impegno nelle associazioni cattoliche, in modo particolare nella Conferenza di San Vincenzo e nell’Azione Cattolica, di cui diventerà presidente, matrimonio felice con Hildegard, passione per il Vangelo e per la verità: questa è la parabola di Josef.

Come ha scritto Francesco Comina nella bella e documentata biografia pubblicata anni fa dalla piccola casa editrice “Il Margine – L’uomo che disse no a Hitler. Josef Mayr-Nusser, un eroe solitario” quando, nel 1939, il Sudtirolo precipita nella trappola della divisione etnica e ideologica e si stipula a Berlino, fra le delegazioni dei due stati totalitari – il famigerato “accordo delle opzioni” per risolvere “il problema” della presenza di cittadini tedeschi in quella provincia dell’Italia fascista sottoposta ad un processo furioso di italianizzazione forzata – Josef Mayr-Nusser si schiera con quella minoranza illuminata di cittadini di madrelingua tedesca che decidono di obiettare alla logica dell’opzione, ossia decidere se voler mantenere i propri diritti all’identità tedesca e quindi emigrare nel Reich o perdere completamente questi diritti e rimanere nell’Italia fascista.

La grande maggioranza scelse l’opzione per il Reich, che significava l’abbraccio a Hitler come possibile liberatore del Sudtirolo dal giogo del fascismo e al contempo l’appartenenza al sogno di una grande Germania unita dalla purezza del sangue e dalla forza della coesione. Pochi ebbero il coraggio di opporsi, anche perché subito scattava la violenza mimetica e la propaganda ideologica contro questi “traditori” della compattezza etnica che venivano apostrofati come “walsche” (italianacci bastardi).

Josef non solo decise di obiettare all’opzione, ma entrò a far parte dell’unico gruppo organizzato di resistenza al nazismo e al fascismo attivo sulla direttrice del Brennero: l’Andreas Hofer Bund. Il suo compito fu di convincere il maggior numero di sudtirolesi a rifiutare l’accordo delle opzioni e a non abbandonare la propria terra. Secondo tutti i suoi biografi, fu anche a causa di questo suo impegno militante e politico che Mayr-Nusser venne arruolato a forza nelle divisioni dell’esercito nazista e condotto a Konitz per l’addestramento.
 
Ci è chiesta solo la testimonianza

Da sabato 18 marzo scorso, Josef Mayr-Nusser è beato.
Alla presenza del figlio Albert, oggi settantaquattrenne, nel duomo di Bolzano gremito di gente, il cardinal Amato ha riconosciuto le virtù di quello che Paolo Giuntella sosteneva essere il primo obiettore di coscienza del nostro Paese. “Il suo gesto – scriveva Paolo – come quello di Tommaso Moro e Franz Jägerstatter, rappresenta il riscatto di tanti cristiani, anche buoni, ma rassegnati di fronte al fascismo e al nazismo”. Per questo non è stato facile l’iter del processo.

Rimarrà scomodo anche da beato”, ha detto il vescovo di Bolzano, mons. Ivo Muser. “Ci abbiamo messo tanto, come società e come Chiesa, a guardarlo in faccia. Quelli sono stati anni di scelte, e chi ha scelto in modo sbagliato va in crisi con Mayr-Nusser. Ancora oggi c’è chi non accetta fino in fondo il suo messaggio: no ai populismi, no alle scelte facili, sì alla convivenza, non solo con i nuovi arrivati ma anche tra i nostri gruppi etnici, tra tedeschi e italiani”.

Con lucidità, lo stesso Josef lo aveva previsto in un articolo pubblicato sul settimanale dei giovani cattolici nel gennaio del 1938: «Intorno a noi c’è il buio: il buio della miscredenza, dell’indifferenza, del disprezzo e forse della persecuzione. Ciononostante dobbiamo dare testimonianza e superare questo buio con la luce di Cristo, anche se non ci ascoltano, anche se ci ignorano. Dare testimonianza oggi è la nostra unica arma efficace. E’ un fatto insolito. Né la spada, né finanze, né capacità intellettuali, niente di tutto ciò ci è posto come condizione imprescindibile per erigere il regno di Cristo sulla terra. E’ una cosa ben più modesta e allo stesso tempo ben più importante che il Signore ci chiede: dare testimonianza».

Per questo, un altro credente della sua terra, Alex Langer, in quel piccolo e prezioso libro che è “Il viaggiatore leggero” (Sellerio) aveva scritto: “Ogni volta che penseremo a lui o vedremo la sua tomba, saremo chiamati a imitare il suo esempio, cercando anche solo per un attimo di avvicinarci alla serietà con cui egli che ha sacrificato la propria vita, ha guardato alla testimonianza di Cristo“.