Populismo, ceti medi e sovranità popolare

L’elezione di Trump e la ventata di populismo che da tempo ha raggiunto l’Europa meritano sicuramente un’analisi più dettagliata. Così spiega il sociologo Emanuele Rossi che insieme al professor Vincenzo Antonelli ha organizzato una Tavola rotonda su Populismo, media, ceti popolari, presso l’Università di Roma 3.

Il dibattito su popolo, populismo e stato della democrazia rimane una questione cruciale per la nostra società, gli eventi che stiamo vivendo confermano la bontà della scelta dell’Incontro di studi delle Acli di trattare il tema della Passione popolare.

La presenza di moltissimi giovani studenti ha evidenziato l’interesse sull’argomento ha osservato Rossi, evidenziando che sono stati proprio loro a chiedere una riflessione sull’argomento. Ce lo ha spiegato nelle motivazioni delle ragioni dell’incontro: «Come ogni anno, insieme al mio collega Prof. Francesco Antonelli, a ridosso della chiusura dei corsi di Sociologia Generale, presentiamo agli studenti un argomento al quale dedichiamo un approfondimento tematico. Molto spesso a dettare l’agenda dei temi sono gli studenti stessi o gli eventi a volte drammatici che caratterizzano sempre più la nostra quotidianità. Lo scorso anno, per esempio, abbiamo organizzato un incontro di riflessione sul problema della radicalizzazione partendo proprio dai drammatici attentati di Parigi… In sintesi, lo scopo di questi incontri è quello di stimolare gli studenti ad utilizzare gli strumenti e le chiavi di lettura della realtà offerte dalla sociologia per cercare di comprendere le complesse dinamiche che caratterizzano la società contemporanea. Come è emerso anche dall’incontro di ieri e dalla numerosa partecipazione degli studenti credo ci sia un interesse specifico da parte delle nuove generazioni su questo fenomeno»

La riflessione dei protagonisti della tavola rotonda ci porta a trarre due indicazioni: la prima è il rapporto tra riduzione del ceto medio e aumento del populismo e la seconda l’origine della forza del populismo nella legittimazione della sovranità popolare.

Il sociologo politico Manuel Anselmi ha spiegato che il fenomeno populista nasce da un concetto polisemico: in esso ci sono elementi ideologici, che separa un noi (amico) da un gli altri (nemici); ci sono poi elementi di stile politico che evidenziano il fenomeno come una dinamica interna alla democrazia, perché il populismo trae la sua forza proprio da una rappresentazione della sovranità popolare al di là della costituzione; infine ci sono elementi strategici, perché il populismo prevede una forte componente comunicativa di individuazione di temi radicati nella base popolare e di semplificazione delle proposte di soluzione.

Ha aggiunto Anselmi, supportato dall’altro relatore Marco Damiani, che Il successo populista si accompagna a una disintermediazione sociale, intesa come continuo indebolimento del ceto medio. Non si tratta soltanto di una riduzione di forza e di importanza sociale di una fascia della popolazione che è stata la base nelle democrazie occidentali, ma di una riduzione anche quantitativa e numerica del gruppo sociale che ha garantito in sostanza la coesione di quelle società.

Damiani ha evidenziato nel suo intervento una definizione concettuale e metodologica del concetto di populismo. Lo ha definito:

un’ideologia debole tesa a rivendicare una voice orientata alla contrapposizione tra noiloro, che fa appello diretto al popolo per ripristinare un governo di sovranità popolare sottratto alla disponibilità dei cittadini.

Nella descrizione di alcuni risultati su una ricerca sulla sinistra radicale europea distingue tra formazioni antiestablishment e antisistema, mostra poi che non tutte siano populiste, soprattutto per questioni di proposta politica e disponibilità al dialogo.

«Forse – ha risposto Emanuele Rossi a una nostra domanda – Il populismo in questo momento storico può essere considerato, per usare un’ espressione di Karl Mannheim, come una sorta di “ideologia totale” che occupa ogni spazio della società politica. É in altri termini, come l’ “aria che respiriamo” e a cui non possiamo rinunciare. Tale situazione spinge necessariamente le giovani generazioni, che sperimentano più degli altri la inadeguatezza dei partiti politici e l’incapacità della politica di dar vita a nuovi progetti di società, a confrontarsi con tale fenomeno».

Dalla tavola rotonda conserviamo una domandada verificare: “Ma davvero i giovani sono populisti?”