Le Acli e Benedetto XVI

Il 19 aprile del 2005, all’annuncio dell’elezione al soglio pontificio del cardinale Joseph Aloisius Ratzinger, le ACLI salutano “con gioia e commozione” il nuovo Pontefice. 
Il Presidente Nazionale Luigi Bobba dichiara di cogliere già nella prima apparizione pubblica del successore di Giovanni Paolo II due segnali importantissimiIl primo segnale va nella direzione dell’impegno per la pace ed è legato alla scelta del nome”, rinviando al papa della coraggiosa pubblica condanna-esecrazione della guerra, Benedetto XV; Il secondo importante segnale era nelle sue prime parole: il lavoro nella vigna è insieme la missione cui è chiamato ogni cristiano, ma anche la quotidiana attività lavorativa di ciascuno di noi, di ogni uomo”.
Il 1° maggiomomento centrale delle celebrazioni del 50° dell’istituzione della festa di San Giuseppe lavoratore, migliaia di aclisti riempiono Piazza San Pietro e Benedetto XVI dopo l’Angelus li saluta chiamandoli “amici delle ACLI, augurando loro “di continuare a vivere la scelta della fraternità cristiana come valore da incarnare nel campo del lavoro e della vita sociale, perché la solidarietà, la giustizia e la pace siano i pilastri su cui costruire l’unità della famiglia umana”.
Il 27 gennaio del 2006 Benedetto XVI incontra nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico 250 dirigenti aclisti, accompagnati dal segretario generale delle CEI, mons. Giuseppe Betori e da diversi sacerdoti che, insieme all’Assistente Nazionale don Giuseppe Masiero, curano la vita spirituale dell’associazione. 
Il Presidente Nazionale Luigi Bobba sottolinea la nuova consapevolezza delle ACLI chiamate ad “allargare i confini della nostra antica missione ci ha portato ad assumere la globalizzazione e l’immigrazione come campi nuovi della nostra azione sociale e, ancora più recentemente, a scoprire la continuità tra il Vangelo del lavoro e il Vangelo della vita e, dunque, il delinearsi davanti a noi della nuova frontiera della questione sociale”. 
Nel suo discorso Benedetto XVI richiama, chiosandole con puntuali riferimenti alle encicliche Laborem Exercens e Centesimus Annus, le tre fedeltà delle ACLI. 
La fedeltà al lavoro, ribadendo il primato della valenza etica che comporta tre priorità: “quella dell’uomo sullo stesso lavoro; del lavoro sul capitale; della destinazione universale dei beni sul diritto alla proprietà privata: insomma la priorità dell’essere sull’avere”. 
La fedeltà alla democrazia è accompagnata dall’avvertimento che “democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo”. 
La fedeltà alla Chiesa, infine, deve sostanziarsi in “un’adesione cordiale e appassionata al cammino ecclesiale” perché l’identità delle ACLI sia presente “in ogni ambito della società e del mondo, senza perdere il sapore e il profumo del Vangelo”.
In occasione dell’incontro con Benedetto XVI Castel Gandolfo del 4 settembre 2011 al termine dell’Incontro Nazionale di Studi sul tema del lavoro, a 30 anni dall’Enciclica Laborem Exercens di Giovanni Paolo II, il Papa ribadisce la fondamentale importanza di questo documento, che è “una delle pietre miliari della dottrina sociale della Chiesa” e quindi fonte di ispirazione imperitura per un’associazione come le ACLI. 

 A cura dell’Archivio Storico Acli Nazionali 

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