Acli Friuli Venezia Giulia – “Andare #inpensioneprima” un incontro pubblico di informazione sociale

Group of young People walking in different directions.

“Andare #inpensioneprima”, il Patronato delle Acli Friuli Venezia Giulia ha organizzato ieri, mercoledì 28 marzo, un convegno territoriale di informazione sociale per comprendere meglio l’attuale normativa per l’accesso alla pensione e in particolare le opportunità – e le incognite – che comporta la decisione di un accesso anticipato.

Affrontato anche il tema della previdenza complementare e quello delle prospettive per le fasce giovani, attualmente le più a rischio, come evidenziato dal recente rapporto Censis-Confcooperative.
Dagli uffici del Patronato Acli diffusi sul territorio nazionale arrivano infatti notizie sconfortanti: l’INPS eroga già pensioni che possono variare anche dagli 80 ai 100 euro mensili (es. invalidità o reversibilità). Con la riforma pensionistica del 1995 che, al sistema retributivo, ha sostituito quello contributivo, la pensione per un lavoratore a parità di carriera lavorativa risulterà inferiore di circa il 15% rispetto a quella acquisita dal \’padre\’. Il trattamento pensionistico sarà infatti basato sui contributi versati durante tutti gli anni di attività professionale, che accantona virtualmente, per la generalità dei lavoratori, un 33% dello stipendio percepito. A questa percentuale viene poi applicato un coefficiente di trasformazione che periodicamente viene ricalcolato e che assegna una pensione mensile che poco risponde alle esigenze e alle aspettative dei lavoratori.

SCENARIO FUTURO – Lo scenario non è così futuro come si potrebbe immaginare: a parte le attuali pensioni di invalidità e reversibilità (e le prime pensioni di vecchiaia o anticipate di chi ha conseguito i 20 anni a partire dal 1996), il nuovo sistema di calcolo trova consistente applicazione ai lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 1978 e che avranno come primo orizzonte generalizzato di uscita pensionistica già il prossimo decennio. Il fatto poi che nei prossimi anni si prevede un costante rialzo del rapporto spesa pensionistica/PIL lascia presagire la necessità di nuovi consistenti ritocchi al ribasso.

PROSPETTIVE DRAMMATICHE – Per le giovani generazioni la prospettiva sembra ancora più drammatica: in un’epoca storica in cui gli stipendi sono sempre più bassi, molti giovani lavorano in modo discontinuo, l’accesso al mondo del lavoro è sempre più tardivo e le pensioni erogate si basano sui contributi versati dai lavoratori attivi e non sui reali contributi versati durante la vita professionale, è oggettivo rilevare che il sistema va completamente rivisto.
Altro punto debole del sistema è la cosiddetta previdenza complementare, che doveva necessariamente accompagnare le pensioni del sistema contributivo per garantire l’adeguatezza dei trattamenti complessivi, ma alla quale pochi lavoratori hanno aderito.

LE PROPOSTE DELLE ACLI – Urge avviare un processo di revisione del sistema di calcolo del sistema contributivo strutturato dal legislatore del 1995, troppo misero e penalizzante, alla luce anche del sostanziale fallimento della previdenza complementare e della frammentazione e precarietà delle carriere lavorative. Ed è prioritario partire dalla tutela delle fasce svantaggiate. Per questo il Patronato Acli ha messo a punto due proposte concrete, a tutela dei giovani e dei lavoratori attivi. La prima proposta prevede di reintrodurre il trattamento pensionistico minimo, che consentirebbe di integrare la pensione prevista anche per i nuovi lavoratori del sistema contributivo, facendo fronte all’emergenza sociale della povertà dilagante.

La seconda proposta mira all\’abolizione di ogni livello soglia di importo pensionistico minimo per accedere a pensione nel sistema contributivo, in quanto difficilmente conseguibili se non supportati da una certa regolarità e consistenza dell’accantonamento contributivo. Come dire, quindi, nei confronti delle nuove generazioni l’accesso anticipato a pensione è appannaggio dei lavoratori più stabili e ricchi, quindi di quelli che è da presumersi siano i meno bisognosi. Con conseguente capovolgimento dei principi di tutela previdenziale che impongono una prioritaria attenzione alle situazioni di maggiore precarietà e indigenza.