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Il cardinal Lercaro e il coraggio della pace

Il cardinal Giacomo Lercaro (1891-1976)
Il benemerito sito che raccoglie testi e memorie su don Giuseppe Dossetti (www.dossetti.eu) ha  reso disponibile l’audio dell’omelia che il cardinale di Bologna, Giacomo Lercaro, pronunciò il 1 gennaio del 1968.

Lercaro – che era stato uno dei quattro Moderatori del Concilio Vaticano II  e fu una  figura di primo piano dell’episcopato italiano – affidò proprio a don Giuseppe, pro vicario della diocesi bolognese e suo stretto collaboratore, il compito di stendere la minuta dell’omelia. Iniziava un anno complicato – l’anno della morte di Martin Luther King e di Bob Kennedy, della primavera di Praga ma soprattutto dell’escalation in Vietnam – e si celebrava la prima Giornata mondiale della pace, voluta da Paolo VI. Tempi di grande contrapposizione ideologica e di facili strumentalizzazioni che impedivano alla Chiesa di andare oltre le prudenze e i tatticismi.

 

La via della Chiesa è la profezia, non la neutralità

Un testo straordinario che, a distanza di cinquant’anni, mantiene intatta la sua attualità, la forza di un annuncio cristiano, capace ancor oggi di indicare la strada del Vangelo dentro i conflitti degli uomini, affidandosi alla forza inerme della parola di Dio piuttosto che ad una teologia chiamata – come troppo spesso è capitato nella storia – a legittimare e a giustificare le scelte del potere. Un’omelia che costò carissima al cardinale, che aprì una ferita nella Chiesa bolognese, e non solo. Lercaro era ben consapevole dei costi del suo intervento. Non a caso disse:

Il profeta può incontrare dissensi e rifiuti. Anzi è normale che, almeno in un primo momento, questo accada: ma se ha parlato non secondo la carne, ma secondo lo Spirito, troverà più tardi il riconoscimento di tutti”. E, ancora: È meglio rischiare la critica immediata di alcuni che valutano imprudente ogni atto conforme all’Evangelo, piuttosto che essere alla fine rimproverati da tutti di non aver saputo – quando c’era ancora il tempo di farlo – contribuire ad evitare le decisioni più tragiche o almeno ad illuminare le coscienze con la luce della parola di Dio”.

Così scegliendo di andare sino in fondo e dichiarando solennemente – con lo scandalo della guerra – l’impossibilità, per i cristiani, di patteggiare con quanti non volevano recedere da progetti di morte, non si trincerò dietro a giri di parole. Affermò dunque:

La Chiesa non deve far mancare il suo giudizio dirimente – non politico, non culturale, ma puramente religioso – sui maggiori comportamenti collettivi e su quelle decisioni supreme dei responsabili del mondo, che possano coinvolgere tutti in situazioni sempre più prossime alla guerra generale e che possano, a un tempo, confondere le coscienze proponendo false interpretazioni della pace o false giustificazioni della guerra e dei suoi metodi più indiscriminatamente distruttivi”. E ancora: Certo la Chiesa non può né deve assidersi arbitra delle contese politiche fra le nazioni […]. Ma la Chiesa non può essere neutrale, di fronte al male da qualunque parte venga: la sua via non è la neutralità, ma la profezia; cioè il parlare in nome di Dio, la parola di Dio. Pertanto, nella umiltà più sincera, nella consapevolezza degli errori commessi nella sua politica temporale del passato, nella solidarietà più amante e più sofferta con tutte le nazioni del mondo, deve tuttavia portare su di esse il suo giudizio, deve – secondo la parola di Isaia ripresa dall’evangelista san Matteo (Mt 12,18) – annunziare il giudizio alle nazioni.

E poi l’affondo, tanto discusso:

La dottrina di pace della Chiesa […] per l’intrinseca forza della sua coerenza, non può non portare oggi a un giudizio sulla precisa questione dirimente[…]. Intendo riferirmi, come voi ben capite, alle insistenze che si fanno in tutto il mondo sempre più corali – e delle quali si è fatto eco il Papa nel recentissimo discorso ai cardinali – perché l’America (al di là di ogni questione di prestigio e di ogni giustificazione strategica) si determini a desistere dai bombardamenti aerei sul Vietnam del Nord. Il Santo Padre ha detto testualmente: “Molte voci ci giungono invitandoci ad esortare una parte belligerante a sospendere i bombardamenti. Noi lo abbiamo fatto e lo facciamo ancora… Ma contemporaneamente invitiamo di nuovo anche l’altra parte belligerante… a dare un segno di seria volontà di pace”.

Continuava Lercaro:

La Chiesa, questo lo deve dire, anche se a qualcuno dispiacesse. Lo deve dire perché, a questo punto, è il caso di coscienza immediato di oggi, è il primo nodo da cui possono dipendere le svolte più fauste o più tragiche.

Una rimozione sospetta

Cosa accadde dopo è storia che merita di essere conosciuta. Il cardinale Lercaro, a dispetto delle garanzie offerte poco prima da Paolo VI, fu rimosso dalla sua cattedra e per la diocesi di Bologna iniziò una fase di “normalizzazione” che durò decenni. Si rimuoveva non solo o non tanto un uomo o il suo ricordo, ma  soprattutto il suo magistero.

Improvvisamente il 27 gennaio scorso [è Lercaro che scrive al cardinale Frings nel febbraio 1968], venne da me il segretario della Congregazione pro Episcopis e, in nome del Papa, mi comunicò che era venuto il momento di ritirarmi; e mi fece capire che ciò doveva farsi presto. Non mi addusse alcun motivo ed io, a tutt’ora, non so affatto per quale ragione, — unico fra tanti vescovi anziani come me e più di me, sano e in piena attività — sono rimosso dalla mia sede e lasciato senza alcun ufficio o compito nella Chiesa.

Il 12 febbraio l’annuncio ufficiale del passaggio dei poteri a Poma, arrivato a Bologna, con grande sorpresa, nel settembre precedente come coadiutore con diritto di successione. L’omelia del 1° gennaio 1968 divenne, e da subito, un testo proibito, confinato nello scaffale dell’immenzionabile: emblematica, sino a sconfinare nel ridicolo, la scelta della Santa Sede di non fare accenno in nessun modo, nel volume che dedicò a censire le celebrazioni della Giornata mondiale in tutto il mondo, a ciò che era stato detto a Bologna (cfr. Giornata della pace 1968, Tipografia Poliglotta Vaticana).

 

Di fronte alla pace nessuna indifferenza

E’ un segno dei tempi che  a restituire a Bologna e al mondo il ricordo dell’omelia di Lercaro sia stato un papa, Francesco, che, nell’incontro con gli studenti e il mondo accademico avuto il 1 ottobre dello scorso anno, abbia ripreso volutamente e  testualmente le parole del cardinale:

Di fronte alla pace non possiamo essere indifferenti o neutrali. Il cardinale Lercaro qui disse: “La Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte esso venga: la via non è la neutralità, la ma profezia” (Omelia, 1 gennaio 1968).

E’ un segno dei tempi che l’omelia di Lercaro, grazie al recupero della registrazione audio, sia stata ascoltata di nuovo a Bologna, sotto la statua del Gigante, dai partecipanti alla Marcia della Pace di Capodanno, un appuntamento al quale hanno aderito una cinquantina di associazioni di fedi differenti e laiche, dopo la celebrazione eucaristica in San Pietro dell’arcivescovo Matteo Zuppi per la solennità di Maria Santissima Madre di Dio.

I tempi del Vangelo, come i tempi della pace, corrono più veloci di ogni insabbiamento. Di mondo e di Chiesa.

 

Daniele Rocchetti

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