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Tempo di covid, tempo di semina. Anche in parrocchia: ripartiamo dall’essenziale

di Daniele Rocchetti

Sono invitato a tenere gli Esercizi Spirituali in una parrocchia non lontano da Bergamo. Mi vengono chieste tre riflessioni, una al mattino, una al pomeriggio e l’ultima la sera. Confesso che quando parto da casa, penso che saranno poche le persone, per lo più anziane, ad ascoltarmi. La sorpresa è dunque grande quando – entrando in Chiesa – la trovo affollata di gente di varie età. A giusta distanza e con le mascherine, è occupato ogni posto a disposizione. Così succede anche nel pomeriggio, stavolta sotto il grande Tendone, ben riscaldato,  allestito nel campo nell’oratorio. Un po’ meno le presenze della sera. La stessa sorpresa quando la domenica partecipo all’Eucarestia presso una piccola parrocchia a ridosso della città o, talvolta, al Patronato San Vincenzo. Qui – addirittura – i giovani presenti sono davvero tanti.

Sono “istantanee” che non hanno nessuna pretesa di fotografare una realtà complessa e articolata come è la Chiesa bergamasca ma che stridono con il mainstream dominante e diffuso da tanti preti: la pandemia ha azzerato la partecipazione dei fedeli all’eucarestia domenicale e reso problematica ogni attività pastorale. Non metto in dubbio che da molte parti questo possa essere vero e che il protrarsi dell’emergenza sanitaria ci metta a dura prova. Mi chiedo però quanto serva insistere con i piagnistei e le lamentazioni tirandoci sempre fuori dalle situazioni e dalle responsabilità.

O se non serva, piuttosto, ricominciare a fare con cura le cose che contano. Rimettere al centro le poche cose che valgano veramente. Togliere l’inutile ed accudire l’essenziale.

Che vuol dire cura liturgica (che non è estetismo), predicazione accurata (che non è moralismo), vicinanza alle persone (che non è verbalismo).

Una comunità cristiana che parli dell’uomo e dell’umanità di Dio, perché nella cura delle piccole cose si genera il mondo. Non preoccupata dei numeri, piuttosto preoccupata, più che di sé, di seguire la verità del Vangelo che sta sempre davanti. Non dietro o, peggio, in tasca. Mi torna spesso alla mente il Vangelo secondo Matteo di Pasolini: Cristo in questo splendido film è ripreso spesso di spalle.

È lui che cammina avanti. Anche in questo tempo. Tempo di semina e di grazia. Nonostante tutto. Nonostante noi.

 

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