La liberazione degli ultimi venti ostaggi ancora viventi del raid di Hamas del 7 ottobre è una notizia che porta con sé sollievo e gratitudine, pur nel ricordo delle gravissime sofferenze fisiche e psicologiche patite ingiustamente da queste persone, che rimarranno per sempre incancellabili nella loro memoria e in quella dei popoli coinvolti.
Nel giorno in cui alcuni tornano finalmente a casa, non possiamo dimenticare coloro che non torneranno più, vittime innocenti di una spirale di violenza che continua a negare il valore sacro di ogni vita umana. Le loro famiglie possano almeno ritrovare nel pianto la dignità del ricordo e la speranza di un futuro diverso.
Si chiude, con il correlativo rilascio di prigionieri palestinesi, una pagina tragicamente sanguinosa, disumana e amara; ma se ne apre una nuova, incerta e carica di interrogativi, nel già fragile equilibrio del Medio Oriente.
Come ACLI, continuiamo a ribadire che le ragioni della pace sono superiori a quelle della guerra, e che nessuna pace vera – non un semplice cessate il fuoco – potrà mai essere costruita se non nella verità e nella giustizia, per rispetto dei morti e per il bene dei vivi.
Per questo chiediamo che le armi tacciano, in Israele e in Palestina come ovunque nel mondo, e che tornino a farsi strada la diplomazia, il dialogo e il coraggio del riconoscimento reciproco. Prima ancora, è necessario quel “disarmo dei cuori e delle parole” a cui ci richiama Papa Leone XIV e che è stato invocato dal grande popolo della pace riunito ieri nel cammino da Perugia ad Assisi.
Solo da questo disarmo interiore potrà nascere un cammino di pace giusta e duratura, capace di restituire all’umanità intera la fiducia nella convivenza, nella speranza e nella dignità di ogni persona.
