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Domenica 23 settembre 2018

Dal vangelo secondo Marco, 9, 30-37

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnào. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

 

La ‘’purificazione della fede’’

A cura di don Pietro Borrotzu, accompagnatore spirituale Acli Nuoro

 

Nella sequenza temporale della Parola di Dio che ho commentato in queste quattro domeniche ho voluto individuare un tema unificante: la purificazione della fede e la necessità che essa passi dall’enunciazione di principi agli impegni concreti; dalle dichiarazioni ai fatti, dall’esteriorità alle convinzioni profonde.

Anche in questa domenica si può utilizzare la categoria della “purificazione della fede” per comprendere il senso della Parola di Dio.

Essa si pone come contestazione e opposizione continua nei riguardi del potere dominante e della mentalità diffusa, in cui prevalgono la competizione, l’arrivismo, e quindi l’invidia, la gelosia, le contese. Questi argomenti non vengono messi in bocca ai cristiani perché li usino contro il mondo dei non credenti, ma perché ne facciano motivo di esame di coscienza e di conversione. Se è vero che Gesù nel brano di questa domenica non si rivolge a tutti quelli che passano, ma ai suoi discepoli. Ad essi rivolge la domanda: “Di che cosa stavate discutendo per la strada?” . La risposta è “ essi tacevano”. Un silenzio che non è solo imbarazzo o un non sapere cosa dire, ma è un autentico blackout, un’interruzione della comunicazione, una difficoltà estrema a sintonizzarsi. Troppo diverse le due mentalità: da una parte “il Figlio dell’uomo viene consegnato”, dove c’è l’idea della donazione di sé; dall’altra la discussione su chi fosse il più grande, dove c’è l’idea di arrivare primi, di collocarsi più in alto, di accaparrarsi tutto ciò che è possibile, e chi se ne importa di chi rimane indietro.

Gesù “si siede”, assumendo la posizione del maestro e “convoca” i Dodici: il suo Vangelo è per tutto il mondo, ma i Dodici dovranno impararlo in fretta e bene, dando una nuova impostazione alla loro vita. Gesù non annulla il loro ragionamento, ma abolisce le graduatorie. Nella nostra società si sono create delle zone grigie dove alcuni vivono benissimo. Alcuni hanno trascorso tutta la vita nel sottogoverno, con rendite di posizione importanti, senza spaccarsi la schiena con estenuanti campagne elettorali. Campano bene anche senza arrivare primi!

Ma Gesù non ama le zone grigie e chiede a tutti di arrivare primi, a tutti di raggiungere una condizione di eccellenza, non nell’arroganza del potere ma nel servizio umile e generoso. E per evitare fraintendimenti completa il suo pensiero con una forte simbologia: pone in mezzo a loro un bambino, come un nuovo riferimento per la vita, lo abbraccia, indicandolo come simbolo concreto del nuovo modo di relazionarsi all’interno della comunità: l’accoglienza e non la competizione.

Il bambino, nella società di allora (spesso anche in quella di oggi, al di là dei proclami) non è nessuno, non può essere imitato, né invidiato, non ha diritti, è un escluso; più ultimo di così non si può. Gli apostoli, per diventare un’eccellenza, dovranno occupare saldamente l’ultimo posto a somiglianza di questo bambino.

Non si creda però che questo modo di pensare voglia aprire la strada alla rassegnazione o che costituisca una condizione di debolezza. E’ piuttosto un percorso per uomini forti, che spendono l’esistenza per cambiare l’ordine delle cose a livello sociale, politico, economico. Vorrebbero migliorare anche la comunità ecclesiale, che spesso ha dimenticato questa pagina del Vangelo per ricominciare a discutere su “chi è il più grande!”.

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