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Domenica 24 febbraio 2019

Dal vangelo secondo Luca (Lc 6,27-38)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «A voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.
Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto.
Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi.  Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio».

 

Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.

A cura di don Roberto Fiorini, assistente spirituale Acli Mantova

Il brano evangelico di oggi segue immediatamente il testo dei «Beati» e dei «Guai» su cui abbiamo riflettuto la scorsa domenica. Nei vangeli noi incontriamo la parola di Gesù narrata assieme all’esperienza e riflessione credente delle prime comunità cristiane. La quarta beatitudine lascia trasparire il clima di ostilità che esse hanno dovuto incontrare e la sofferenza che ne è derivata. «Beati voi, quando gli uomini vi odieranno vi metteranno al bando vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo…». Ma nasce la domanda: come rapportarsi con coloro dai quali si viene odiati?

Ed ecco una parola inattesa e sconcertante: «A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici». Gesù pronuncia queste parole in maniera assoluta, senza alcun riferimento ad autorità precedenti. Questa impressionante affermazione la troviamo anche nel vangelo di Matteo, dove si sottolinea il contrasto con la tradizione antica: «Avete inteso che fu detto…Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano». (Mt 5, 43-44).  Intendiamoci su questo amore comandato: non va pensato in senso affettivo, psichico, sentimentale, ma si pone invece nella categoria dell’operare, del fare del bene all’altro, anche se nemico. Già in Proverbi incontriamo questo orientamento pratico: «Se il tuo nemico ha fame, dagli del pane da mangiare; se ha sete, dagli acqua da bere» (Pr 25, 21). E tuttavia «Il comandamento dell’amore dei nemici si presenta come una parola nuova, più precisamente come una nuova rivelazione di Dio mediata da Cristo». Infatti la motivazione offerta da Gesù è strettamente teologica: «sarete figli dell’Altissimo perché Egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi». Più articolata è la dizione di Matteo: «affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5, 45). Questo amore comandato ha il compito di alludere, anzi disvelare, l’amore creatore verso tutti, con la sua indiscriminata generosità. Possiamo dire che il comando di Gesù rivolto a coloro che lo ascoltano consiste nel coltivare nel loro cuore, cioè nella coscienza, ed esprimere nei loro gesti umani la stessa misericordia di Dio. «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso».

In un mondo carico di violenza Gesù abolisce la categoria del «nemico» e la discriminante di prossimo e non prossimo. In proposito ricordiamo la parabola del buon samaritano (Lc 29-37). La «nemicità», termine utilizzato da un brigatista rosso pentito, è quella che cancella la dimensione umana dell’altro, rendendolo pura negatività, da annientare in tutti i sensi e con ogni mezzo. Può essere utile ricordare le parole di Paolo VI nel suo appello lanciato per salvare la vita di Aldo Moro: «Uomini delle Brigate rosse…». Uomini: nonostante tutto permane il riconoscimento della loro umanità.

Le concretizzazioni a cui Luca allude – porgere l’altra guancia e a chi prende il mantello dare anche la tunica, cioè l’offesa personale e la sottrazione di un bene – indicano la rinuncia all’uso della violenza. Da non intendersi come passività, ma come attività suprema, volta a spezzare la violenza reattiva con l’escalation che spesso l’accompagna. Una non violenza attiva che ha una sua forza provocatoria. Da questo punto di vista è Gesù stesso che presenta una chiara esemplarità: la forza di un parlare ed agire sempre rispettoso dell’altro, anche nei conflitti più pesanti. Il porsi di Gesù è di segno opposto rispetto alle provocazioni violente a cui fu sottoposto. Proprio così metteva a nudo il volto violento del mondo.

Un tale modo di agire è sostenibile solo da un cuore che rinuncia ad essere violento. «Il cristianesimo vuol essere un appello rivolto al cuore dell’uomo (cioè alla sua coscienza), un invito alla conversione dalla violenza alla pace; nella convinzione che soltanto i soggetti che hanno vinto dentro di sé la violenza sono capaci di istituire – di inventare – anche una società non violenta» (Rizzi).

Il vangelo di oggi apre una serie di riflessioni possibili. Ne segnalo alcune:

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