Le parole forti con cui Leone XIV ha aperto il suo ministero di Vescovo di Roma sono uno stimolo per tutti, credenti e non credenti, a riflettere su che cosa c’è al centro delle nostre esistenze.
Il Papa ha insistito molto sulla dimensione del servizio, definendosi “un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia”, chiamando alla missione nella consapevolezza che essa non si attua “con i mezzi del potere”, ma con l’amore, un amore oblativo, totale, immerso nella storia delle donne e degli uomini, una storia da cui i credenti non si fanno plasmare o trascinare ma “inquietare”, sapendo che al centro di tutto vi è l’esempio di Cristo.
Un esempio che va annunciato sapendosi fare compagni di strada del mondo, senza sentirsi superiori ad esso, ma cercando di ascoltarne le molteplici voci ed istanze, sapendo discernere quali di esse possono essere ricondotte al bene. Una strada da percorrere “tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace.”
Richiamando il suo maestro Sant’Agostino Leone XIV ha ricordato che la Chiesa deve essere “comunione e fermento per un mondo riconciliato”, e che deve farsi strumento della costruzione di un mondo nuovo, in cui viene superato lo spirito di dominazione e quell’economia “che emargina i poveri”, e che è essa stessa un ostacolo alla piena realizzazione di una vera “civiltà dell’amore”.
Al centro, ancora una volta, i poveri. “Vi raccomando di dare la parola ai poveri”, ha detto solo ieri il Papa ai membri della Fondazione Centesimus Annus. Anche oggi ha ribadito che “chi nasce e cresce lontano dai centri di potere” non va solo istruito, ma riconosciuto come “attualizzatore” della Dottrina Sociale della Chiesa.
La conclusione – “questa è l’ora dell’amore!” – non è uno slogan, ma un imperativo ecclesiale. Il nuovo Papa chiede una Chiesa che non giudica ma ascolta, che non impone ma accompagna, che non esclude ma include. Che diventa segno e strumento di quella “unità che non annulla le differenze”, ma le armonizza nella comunione.
È un appello chiaro anche alla politica e all’economia globale. Leone XIV ha fatto sue le domande radicali di Leone XIII nella Rerum novarum: “Se questo criterio [la carità] prevalesse nel mondo, non e non tornerebbe forse la pace?”. Parole da rileggere oggi, mentre le guerre devastano il Medio Oriente, l’Ucraina, e le migrazioni sono viste come minaccia e non come ferita da guarire.
Il pontificato di Leone XIV si apre così, non con la rivendicazione di un’autorità, ma con l’indicazione di una direzione: la fraternità.
Per questo è necessaria una Chiesa che non si chiude in se stessa perché – come ha concluso il Papa – “insieme, come unico popolo, come fratelli tutti, camminiamo incontro a Dio e amiamoci a vicenda tra di noi”.
E il richiamo non casuale all’espressione “Fratelli tutti”, che rimanda a uno dei più importanti documenti magisteriali di papa Francesco, delinea una sostanziale continuità di pensiero e di azione con un pontificato che ha iniziato molti processi che ora dovranno essere sviluppati e portati a conclusione.
A Papa Leone diciamo con forza che le ACLI, multiformi e inquiete, lo accompagneranno in questo cammino.
Lo faranno nella preghiera e nel coraggio di denunciare le ingiustizie che privano il mondo dell’amore.
Lo faranno sempre con le mani impegnate a curare le ferite del prossimo, con la speranza di essere lì dove c’è più bisogno.
Qui lo speciale dei Dialoghi dello Spirito dedicato al nuovo Papa
