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Sassoli, una bandiera e le Acli

FUNERALI DI STATO DI DAVID SASSOLI, IL FERETRO NELLA BASILICA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI

La bandiera dell’Unione Europea sopra il feretro di David Sassoli è la fotografia più toccante di questa giornata perché ci parla di un uomo che ha dato la proprio vita per le istituzioni, per il dialogo tra i popoli. Ci ricorderemo sempre il suo sorriso e la sua limpida fermezza nel raccontare l’Europa dell’incontro e della dignità umana,  lo ha fatto anche alle ACLI, e sarà un dono da custodire, rileggere e incarnare. Nel 2015, durante l’Agorà dei Giovani delle Acli, in un modo semplice e aperto, ci lasciò un pensiero  importante sull’Europa da costruire e sul protagonismo delle giovani generazioni che dovranno proseguire nella strada del sogno.  Nel 2017, invece, ospitò presso la sede del Parlamento Europeo, una corposa delegazione delle Acli, che si trovava a  Bruxelles in occasione dell’Incontro Internazionale EZA,  insieme a molti ragazzi che avevano svolto il Servizio Civile all’estero: anche in quel caso ci ricordiamo il clima di grande amicizia con cui ci accolse e le parole semplici ma cariche di passione con cui ci restituì una bussola sul ruolo dell’Europa nel mondo. David Sassoli è stato un buon maestro, una guida e un amico delle Acli. Un uomo di parte, come lo ho ricordato il Cardinale Matteo Zuppi, un uomo che non dimenticheremo.

 

La morte di David Sassoli ha provocato una forte emozione nel Paese: è stato come se molti in quel momento, alla notizia della sua scomparsa, abbiano scoperto questo uomo mite e coraggioso, che non ha mai alzato la voce ma ha sempre difeso con fermezza gli ideali in cui credeva fin da ragazzo, portandoli fino alla sede prestigiosa della presidenza del Parlamento Europeo.

D’un tratto ci si è resi conto che esiste, può esistere un modo diverso di fare politica rispetto alla logica dell’insulto, dell’invettiva, dell’ esasperata ricerca della divisione, della grettezza del pensiero: una modalità generosa, umanamente ricca, radicata nella cultura e nella società, quella di quest’uomo che, nel dargli l’estremo saluto, il cardinale Matteo Zuppi, compagno di scuola ed amico  di sempre, ha definito: “credente sereno ma senza evitare i dubbi e gli interrogativi difficili, fiducioso nell’amore di Dio, radice del suo impegno, condiviso sempre con qualcuno, come deve essere, perché il cristiano come ogni uomo non è un’isola , ma ha sempre una comunità con cui vivere il comandamento dell’amatevi gli uni gli altri”.

Parole a cui hanno fatto da contrappunto quelle della moglie Alessandra, che rivolgendosi al marito ha detto: “Penseremo ai progetti e immagineremo il futuro. Cammineremo certi della tua presenza, che ci accompagnerà ancora ma in un altro modo, più denso e profondo”, rendendo così il senso della forza straordinaria dell’amore fra due persone come parte di un amore più grande.

Crediamo che in questi giorni, e soprattutto oggi in quella basilica romana, si sia respirata un’aria diversa, velata dal dolore e dalle lacrime certamente – ma non tutte le lacrime sono un male- ma un’aria di pulizia morale, di ricerca di quei valori profondi di cui Sassoli è stato un testimone, per cui, come ha detto ancora il card. Zuppi “beati sono quelli che hanno fame e sete della giustizia, che non possono stare bene se qualcuno accanto a loro soffre, che non cambiano canale o fanno finta di non vedere o che non li riguarda se c’è una persona in mezzo al mare o al freddo sull’uscio di casa”.

Queste parole, questi sentimenti, hanno rinnovato il senso di quel filone storico che chiamiamo cattolicesimo democratico, che è stato il tentativo di generazioni di credenti di inserire nella storia sociale e politica i valori evangelici cercando le strade per costruire il bene storicamente possibile cercando l’appoggio di tutte le persone di buona volontà, di coloro che hanno sofferto durante la dittatura, hanno partecipato alla lotta di liberazione, hanno contribuito a scrivere la Costituzione e a costruire il nuovo Stato democratico, vedendo anche i loro amici cadere per mano dei terroristi, e che talvolta hanno subito l’incomprensione da parte di quella stessa Chiesa che hanno sempre amato e servito.

Una storia che è nata e si è sviluppata in un’altra fase storica ma che ad oggi continua ancora a produrre frutti, e non è un caso che in questi anni la nostra Repubblica sia stata condotta attraverso scogli insidiosi dalla mano sicura di una persona che da quella storia proviene, come Sergio Mattarella, la cui commozione ai funerali era ben visibile.

E, nello stesso tempo, Sassoli era un uomo delle istituzioni europee, e la bandiera con le dodici stelle sul suo feretro non è solo un omaggio istituzionale, ma è il senso più profondo di che cosa dobbiamo oggi intendere come patriottismo, poiché la Patria italiana vive e si sviluppa solo nell’ambito della Patria europea che, sempre nella parole dell’arcivescovo di Bologna, Sassoli sognava come il luogo “del bene comune e della democrazia sempre inclusiva, umanitaria e umanista”.

Ma questo omaggio ad un uomo caduto, quasi letteralmente, al suo posto di lavoro deve diventare un impegno per tutti noi, soprattutto per quelli, come gli aclisti, che si riconoscono nelle stesse radici culturali di Sassoli, per saper incontrare nella vita di ogni giorno i bisogni concreti della persona umana, sapendo che se alcuni o molti si sono sentiti toccati e coinvolti dalla morte di un uomo giusto possono anche decidere di seguirne l’esempio, cercando insieme “non una gioia d’accatto, ma vera e duratura”.

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