Quella folla è sola

Group of young People walking in different directions.

Quella folla è sola, scrivono prima Pierluigi Battista e poi Mario Giro. E quella folla è sola perché non c’è più un progetto sociale attorno al quale organizzare la realtà e collocare le realtà sociali organizzate. D’altra parte la campagna elettorale si è incaricata di spiegarci che valgono solo quelle promesse legate alle cose, ai vantaggi più o meno categoriali, più o meno adeguati ai problemi di qualche condizione sociale: ma non valgono più progetti universali. Non ci è parso di cogliere alcuna idea di Repubblica, semmai abbiamo tenuto la contabilità di un Paese “senza” qualcosa: senza tasse, senza immigrati, senza populisti. A forza di togliere, si è rimasti soli, senza un progetto, senza una destinazione.

Certo non ci potevamo aspettare una ricostruzione come negli anni ’40 o di un miracolo economico come negli anni ’50 e ’60 o di una rivoluzione come negli anni ’60 o ’70 o di altri periodi che ancora hanno generato movimenti collettivi prima e istituzioni poi, perché questi grandi periodi non nascono a tavolino. Ma ci pare che neppure si siano poste le premesse per uno slancio di apertura. È prevalso – utilizzando le categorie di Luca Diotallevi – un costante e plumbeo sentimento di chiusura.

Senza un progetto sociale sopravvivono i soggetti sociali, quei corpi intermedi che in questi anni hanno continuato a mediare, a raccogliere istanze e a rilanciarle in proposte, a tenere accesa la fiammella della partecipazione sociale e politica: i sindacati, le associazioni, i partiti. È vero, spesso sono imbolsiti e impacciati (e che ogni tentativo di “alleggerire” rischia di cancellare, perché si tratta di strutture solide, che ingrassano o calano ma che non possono togliere troppi… organi), eppure rappresentano ancora la migliore compagnia del popolo e della democrazia rappresentativa. La democrazia è anche una questione di vicinanze. Sarà anche testa e cuore, comunque il percorso va fatto a piedi. Aver vicino la sezione, il circolo o lo spazio collettivo sarà anche una forma di democrazia minore, eppure sembra ancora oggi lo strumento più adeguato per accompagnare la democrazia maggiore. Una folla con qualche strumento così rischia di diventare popolo.

Roberto Rossini