Centralità della persona: un possibile cammino comune per rigenerare la democrazia e rifondare il lavoro

Ripartire dalla centralità della persona per rinnovare la democrazia e il lavoro. È la sfida che le Acli, insieme alle Fondazioni Achille Grandi e Giuseppe Di Vittorio, hanno lanciato ieri durante seminario che si è svolto nella sede nazionale di Roma, a cui hanno partecipato sindacalisti, economisti, filosofi, docenti e giornalisti.

Un confronto che è partito dall’eredità che ci hanno lasciato Bruno Trentin, sindacalista e politico, e David Sassoli, Presidente del Parlamento Europa: entrambi con la loro azione politica hanno cercato di rilanciare e reinterpretare i valori del personalismo, ritenendoli essenziali per il futuro delle culture democratiche e delle sinistre europee.

“L’agire di Trentin e Sassoli rappresenta una delle possibili vie maestre per tornare a riflettere sul personalismo quale chiave di volta di un necessario rinnovamento della prassi democratica, capace di far fronte da un lato alle dinamiche di trasformazione del mondo del lavoro e dall’altro alle perenni tentazioni delle chiusure nazionaliste”, ha detto in apertura dell’incontro Santino Scirè, presidente della Fondazione Achille Grandi.

Francesco Sinopoli, presidente della Fondazione Giuseppe Di Vittorio, ha sottolineato l’importanza di costruire ponti solidi tra culture, filosofie e classi politiche e sindacali: “Il lavoro non è una merce: la centralità della persona nel lavoro contrapposta all’ideologia del consumismo massificante è la stella polare che ha guidato Trentin in tutta la sua storia politica e sindacale. Conoscere per partecipare alle decisioni diventa irrealizzabile se non coincide con nuove forme di democrazia nel lavoro, diceva Trentin. Più il lavoro diventa merce, più la democrazia vacilla e più le persone perdono fiducia nella politica. Viviamo in assenza di politiche pubbliche in grado di guidare questa fase di transizione. Nel pensiero di Trentin e Sassoli, che si sono battuti contro i nazionalisti, troveremo suggerimenti per costruire questi ponti”.

Trentin e Sassoli: il personalismo come via maestra di rinnovamento della democrazia

A delineare il profilo di Bruno Trentin, ripercorrendo la storia umana, le battaglie politiche e sindacali, è stato Sante Cruciani, docente all’Università Degli Studi Della Tuscia: “L’attenzione di Bruno per la libertà della persona, le trasformazioni del lavoro e l’integrazione europea ha costituito uno dei nuclei fondanti del suo impegno intellettuale e politico nella sinistra italiana ed europea. L’ingresso nell’Ufficio studi della CGIL nel 1949, l’ iscrizione  al PCI nel 1950,  l’assunzione della direzione della FIOM dal 1962 al 1977, l’elezione alla segreteria generale  della CGIL dal 1988 al 1994, l’impegno al PE per i Democratici di Sinistra dal 1999 al 2004 sono stati  contraddistinti da una attenzione ininterrotta verso le dinamiche del capitalismo, il rapporto tra poteri, diritti e libertà dalla fabbrica fordista alla globalizzazione, la realizzazione della persona nel lavoro attraverso un nesso inscindibile tra lavoro e conoscenza, la condivisione del progetto di Delors di una Federazione di Stati Nazione, per una Europa e attore politico internazionale nello scenario del dopo guerra fredda”, ha spiegato.

Marialuisa Lucia Sergio, docente di Storia contemporanea all’Università degli Studi Roma Tre, ha invece ricordato il pensiero innovatore di Sassoli, partendo dai suoi discorsi pubblici. “Nel suo intervento ad Assisi nel 2020, dal titolo “Equità sociale necessaria per la svolta ecologica”, David Sassoli mette in discussione un modello dissennato di sviluppo che ha finito per causare degrado sociale, ingiustizia e disuguaglianza e propone, invece, un nuovo progetto europeo che abbia come priorità la lotta contro la povertà e la riduzione delle disuguaglianze, collocando al primo posto la dignità dell’uomo e la moralità della politica. Durante la marcia Perugia-Assisi del 2020, egli sottolinea la necessità di riappropriarsi di un’etica della persona che vada oltre la semplice logica del profitto economico, combattendo gli idoli di una falsa modernità, perché nessuno resti indietro ma, al contrario, venga accolto come “persona umana nelle nostre società umanizzate””.

Costruire insieme un nuovo umanesimo del lavoro

Dopo aver ripercorso il pensiero e l’agire politico di Trentin e Sassoli, il seminario ha lasciato spazio al dibattito, aperto dall’intervento di Silvia Costa, ex parlamentare europea ed amica di Sassoli: “Siamo di fronte alla crisi delle democrazie, della pace, dei nuovi super poteri globali senza regole che stanno trasformando il lavoro e le coscienze. Sassoli e Trentin avevano a cuore l’umano, la concretezza della vita dei lavoratori, l’attenzione alla storia, la cultura della responsabilità, il dovere della solidarietà. Ma soprattutto erano europeisti. Dobbiamo costruire un nuovo umanesimo, dove i i diritti della persona sono centrali e dove esiste una equità sociale”.

Il filosofo Giovanni Mari ha sottolineato quanto il concetto di persona sia problematico per la sinistra perché la porta a fare i conti con il concetto di classe: “Trentin pone come obiettivo la crescita e lo sviluppo della persona e questo diviene l’asse di tutto il suo pensiero. Vuole costruire unità nella diversità, attraverso il diritto alle opportunità, alla formazione, al controllo e alla partecipazione al lavoro. La sua idea di persona ci fa vedere le cose in una ottica diversa, in cui tutti sono liberi di realizzare la vita che vogliono insieme agli altri”.

Raffaele Morese, sindacalista della FIM-CISL, ha analizzato la situazione attuale del lavoro in Italia: “Mi sono chiesto cosa Trentin e Sassoli avrebbero detto oggi. L’individualismo ha pervaso tutta la società. Il personalismo ha avuto la sua stagione d’oro in una fase di conquista di diritti e la persona si è sentita realizzata in quelle battaglie che ha fatto per migliorare la sua condizione di lavoro. Oggi la situazione è più complicata. Come si fa a innervare una cultura personalista? Penso che bisogna lavorare alla ricomposizione del lavoro che è troppo frammentato. Questo ha fatto aumentare le disuguaglianze salariali e gli sforzi che si stanno facendo non sono sufficienti”.

L’economista Laura Pennacchi ha sottolineato l’importanza dell’umanesimo del lavoro nella nostra Costituzione: “L’approccio personalistico è la via maestra che ci indica una indissolubilità tra persona e lavoro. Nella Costituzione italiana il primo dei termini è il lavoro. Questo ci dice alcune cose: la prima è che la numerosità delle tracce e della presenza delle problematiche del lavoro nella Costituzione non è un banale sociologismo lavoristico. L’altro aspetto da sottolineare è l’intreccio con l’umanesimo del lavoro che la Costituzione italiana ci ripropone. A questo proposito è importante ricordare l’impulso che Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira e Lelio Basso hanno dato in questa direzione”.

Il futuro delle culture democratiche parte dal rispetto della persona umana

A delineare il concetto di persona e come sia entrato nella storia dell’umanità è stato Vittorio Possenti, filosofo e docente presso l’Università Cà Foscari di Venezia: “Questo è un dono che ci ha fatto il cristianesimo, partendo dalla riflessione sulla questione trinitaria e della natura divina e umana del Verbo. Oggi siamo ad un punto di svolta, dobbiamo fare i conti con chi vorrebbe fare a meno del concetto di persona. L’individuo nelle società svolge una funzione ed è identificato da tale funzione. Di conseguenza può essere sostituito tranquillamente. La persona umana invece non è rimpiazzabile, non è riproducibile, è una realtà sostanziale e di relazione. Questi aspetti dovrebbero essere applicati alla cultura del lavoro. Che cosa accadrà nel prossimo futuro quando si potranno espellere i lavoratori non qualificati perché ci sono i robot? Da un lato abbiamo la paura della mancanza del lavoro, non essere più utili e l’altra la paura verso coloro che arrivano dal sud del mondo”.

“Questo seminario era una sfida”, ha affermato Claudio Sardo, giornalista e membro della Fondazione Achille Grandi. “Partendo da due figure come Trentin e Sassoli, volevamo provare a tracciare quella centralità del tema del personalismo che avvertiamo decisiva per il destino delle culture democratiche e della sinistra. Il liberismo è diventato dominante, ha preteso di ergersi a fine della storia e ha lasciato il segno. L’idea di individuo si è separata da quello della. Le culture democratiche e le sinistre non possono restare all’interno di una dialettica tra socialismo e liberismo. C’è bisogno di altre radici. Il pensiero di Trentin e Sassoli è stata ricerca, passione ed etica civile. Un impegno che va oltre il confine stabilito. Il loro orizzonte è il welfare di comunità che nasce da una radice personalista. Sassoli si è battuto per questo nei mesi drammatici del Covid e grazie al suo impegno l’Ue ha compiuto una svolta da politiche rigoriste a politiche solidariste. Ora si tratta di capire se questa svolta diventerà la direttrice di una nuova Europa”.

Il personalismo come risposta alle nuove sfide di oggi

A concludere il seminario sono stati interventi di Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli, e di Maurizio Landini, segretario della Cgil. “Il personalismo è stato quel terreno comune che ha permesso di costruire gli articoli più belli della nostra Costituzione”, ha detto Manfredonia. “Oggi ci troviamo a rispondere a questioni complesse: le nuove frontiere della bioetica, la deturpazione dell’ambiente, l’avanzare dell’intelligenza artificiale e di un capitalismo liberista, il ripiegamento delle relazioni umane. Il personalismo può essere una chiave di lettura per rigenerare la democrazia che sento particolarmente come responsabilità delle forze sociali, quindi delle associazioni e dei sindacati,  perché il cittadino non si senta solo, e non senta i luoghi delle istituzioni lontani e che il suo partecipare non conti niente, che le istituzioni non possano migliorare la sua vita. Ecco perché, prima di parlare di presidenzialismo e di autonomia differenziata, bisognerebbe riformare la politica, partendo dalla democrazia interna ai partiti, che devono essere protagonisti di un’attività educativa e formativa,  arrivando fino alla riforma della legge elettorale, che dovrà garantire una classe dirigente scelta davvero dai cittadini e non cooptata dall’alto. L’altra grande questione- ha continuato Manfredonia – è il lavoro, che misura la vita civile di un paese. Se il lavoro è povero, sottopagato, insicuro, diviene nuova schiavitù e si trasforma in negazione della democrazia. Al di là della discussione sul salario minimo, noi è da tempo che diciamo che ci vuole un salario degno, per garantire una vita libera e dignitosa alle persone, e dobbiamo trovare un indice che lo può determinare, senza dimenticare anche un ragionamento sul guadagno massimo consentito, di cui si parla troppo poco e che è invece un tema centrale”.

Vogliamo credere ancora di più nell’Europa, nella sua idea fondativa, per la costanza nell’averla creata tra le differenze e le iniziali diffidenze, costituita giorno per giorno nella fatica democratica che l’ha portata fino ai giorni nostri. Credere nella Pace, come premessa alla convivenza civile, come frutto della giustizia sociale. Mi permetto di dire che avere fede è costitutivo del personalismo. Io credo, in una Persona che dichiarata Figlio di Dio ha mostrato quanto l’umanità sia degna del suo Creatore, facendosi neonato e bisognoso di cure in ogni fase della vita. Altri, come ha detto Trentin credono nell’uomo. Chi non ha fede in Dio ma crede fino in fondo nell’uomo, è un potenziale compagno di strada. Non è un’assonanza da poco, apre ad un’onesta ricerca comune di fronte al problema di oggi, che è l’essere umano crocifisso dal bisogno e dalla paura, che ha bisogno di sperare in una liberazione possibile”.

Creare un nuovo modello sociale partendo dal riunificazione del mercato del lavoro

Maurizio Landini, Segretario generale della Cgil, ha spiegato quanto sia necessario oggi riunificare il mondo del lavoro e dare forza alla contrattazione nazionale. “Se vogliamo superare l’idea che la persona non sia una merce, la rivendicazione non può essere solo quella di un salario e di un orario dignitoso. Riprendere il pensiero di Trentin significa andare oltre la questione redistributiva e porre il tema del diritto della persona nel conoscere cosa produce e come lo produce. Al centro non c’è più il profitto e il mercato, ma la cura della persona e la giustizia sociale”, ha spiegato Landini.

“Il lavoro, inteso così, può creare un nuovo modello sociale. Oggi assistiamo ad un livello di precarietà mai visto. Alla fine degli anni ‘70 ho trovato lavoro come metalmeccanico andando all’ufficio di collocamento del mio paese. Immediatamente ho potuto avere un salario, ho vissuto sulla mia pelle cosa significava il diritto al lavoro, garantito dalle battaglie di quelli che mi avevano preceduto. Non ho vissuto la precarietà, ho potuto dire quello che pensavo e partecipare ad uno sciopero. Le nuove generazioni come ci arrivano al lavoro? Con una quantità di rapporti di lavoro infiniti. Vivono lo sfruttamento, non il diritto al lavoro. Con la precarietà ci sono persone che pur facendo lo stesso lavoro non hanno le stesse tutele. Oggi c’è una riorganizzazione del modello di impresa fondata sul subappalto e sulle finte cooperative, nel pubblico e nel privato, perfino negli ospedali è così. Questa è una follia. Per me non deve essere la legge che fa il salario minimo ma deve essere la legge a dare valore generale ai contratti nazionali di lavoro. Senza nascondere un punto: ci sono anche una serie di contratti firmati da noi che hanno salari bassi. Oggi serve una legislazione che rafforzi la contrattazione, riunifichi il mondo del lavoro e che porti ad un nuovo Statuto dei lavoratori, basato su un punto: il diritto non ce l’hai per il rapporto di lavoro che hai, ma perché sei una persona che lavora. Questo seminario ci ha dato modo di confrontarci e di metterci in gioco per produrre una azione sul territorio e costruire anche una credibilità”.

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