Il consumatore cittadino

Il mondo del lavoro si trasforma. L’automazione cancella posti, il commercio elettronico sposta gli acquisti online e sopprime occupazione tradizionale. Nuove fruizioni di beni erodono clienti nel settore dei servizi di ospitalità e trasporti e gli utilizzatori diventano soggetti interni al ciclo di produzione. Lo spazio lasciato libero dallo Stato che contrae presenza (sanità, sicurezza, infrastrutture) viene occupato da monopolisti e grandi player che sconvolgono settori tradizionali. I rischi d’impresa sono scaricati sempre più sui lavoratori che, senza tutele, si ritrovano sotto controllo h24 soli nel mare aperto del libero mercato disintermediato. Per il consumatore nel frattempo si moltiplicano le offerte, spesso anche con performance migliori del passato, ma la società aumenta il suo divario anche su questo fronte: solo chi ha redditi alti ha accesso a prodotti e servizi di qualità, mentre il mercato a basso costo si allontana sempre più dalla sostenibilità (sociale, ambientale ed economica).

È questo il futuro cui siamo destinati? Lavoro e diritti sono irrimediabilmente solo un ricordo del passato? No. I catastrofisti non hanno ragione. Ma siamo in un passaggio d’epoca e c’è da rimboccarsi le maniche. I nodi chiave sono tre, da affrontare in contemporanea ed in modo interconnesso l’uno con l’altro:

–    produzione. In cosa l’essere umano batterà sempre e comunque la macchina? Nella cura delle relazioni e nella capacità di usare ed applicare una competenza creativa. Il mondo evolve e continuerà a farlo. Conoscere, comprendere, connettere e risolvere problemi sempre nuovi. Valorizzare ciò che c’è, riuscire a vedere, prima ancora di fare. Se si investe in questo (collegando, più ancora che alternando, mondo della scuola, università e mondo del lavoro) ci sarà spazio per i lavoratori. La prima cosa su cui cambiare lo sguardo è che sostenibilità ambientale e sociale non sono vincoli, sono opportunità e fattori strategici di sviluppo. Lo sono da decenni, ma finora non siamo stati in grado di riconoscerlo. 

–    consumo. Da 20 anni la legge vede il consumatore come la parte debole nel momento della stipola di un contratto con un produttore di beni o servizi. E prova a tutelarlo. E’ giusto ma oggi è tempo di un salto di qualità: riconoscere che il consumatore non è una vittima impotente. E’ un soggetto a pieno titolo del mercato. Con un potere economico da esercitare. E non solo: la scelta di tra un bene ed un altro è anche un atto politico. Tanto quanto associarsi o votare. Anche perché il consumatore siamo noi. Chi l’ha detto che il cittadino è morto per lasciare spazio al consumatore. Il cittadino, se resta consapevole e si connette ad altri, può sfruttare la sua identità di consumatore per dare più forza alle sue scelte di cittadinanza attiva e costruzione di nuovi modelli economia.

–    risparmio. La finanza è uno dei problemi principali. Ma con la collaborazione dei consumatori (cioè dei cittadini risparmiatori) è possibile trasformarla. Prestando attenzione al denaro: provenienza (legalità), destinazione (valutazione di impatto), gestione (trasparenza, simmetria informativa). Disincentivando la pura speculazione (TTF) premiando gli investimenti green e social.  Se la finanza è uno strumento, serve che smetta di essere un fine e torni ad essere coerente ed utile all’obiettivo reale: promuovere il buon vivere (bem viver) di tutti.

Temi affrontati lo scorso 15 dicembre a Tor Vergata, nel corso di un convegno che ha rappresentato il momento di sintesi di 5 anni di lavoro di Next, rete di mobilitazione della società civile sul cambio di paradigma economico. 

L’innovazione sarà indispensabile anche in campo sociale. Ma non è una lampadina che si accende all’improvviso. L’innovazione è frutto di un processo di trasformazione, che parte da persone e idee, si nutre di scambio e reciproca contaminazione e può essere accelerata e moltiplicata con strumenti normativi, organizzativi, economici e comunicativi.  

Che poi, se l’Italia è ancora una Repubblica fondata sul lavoro, tutto questo ha anche ricadute positive sulla nostra capacità di essere popolo, sulla convivenza e coesione sociale. E sul ruolo di rappresentanza, intermediazione, anticipazione e sperimentazione dei soggetti della società civile e del terzo settore.