La fenice e il coronavirus. L’economia e il lavoro ai tempi del contagio

Il Governo ha messo a disposizione di più di 7 miliardi a sostegno delle famiglie e delle imprese, perché questa è un’emergenza sia sanitaria sia economica. I sindacati hanno chiesto al Governo anche il rafforzamento del sistema sanitario e la copertura del reddito per tutti i lavoratori del Paese. Di fatto i lavoratori di questo Paese hanno contratti anche molto diversi. Siccome appare già evidente che qualcuno inizierà a licenziare o a sospendere il rapporto di lavoro, il rischio è che la garanzia del reddito per tutti i lavoratori sia un problema serio. Chi ha un contratto stabile potrà contare sulla Naspi. Chi ha un contratto a progetto o ad altri livelli di instabilità, come sarà tutelato? Per anni abbiamo dichiarato che una contrattazione così frastagliata si sarebbe rivelata un problema grave. Ora, drammaticamente, vedremo gli effetti di questa facile previsione. Ai contratti frastagliati aggiungiamo i piccoli imprenditori, le micro-imprese.

Bene dunque hanno fatto i sindacati a chiedere di tutelare anche alcune categorie fragili, tra cui i lavoratori stagionali, gli interinali e delle cooperative. In sintesi: ci sono settori più esposti di altri agli effetti del virus – si pensi al turismo – così come ci sono contratti più esposti di altri. Se sei un lavoratore stabile in un settore al riparo è un conto, se invece – per dire – hai un contratto di lavoro a chiamata nel turismo è tutt’altro. La cassa integrazione in deroga sarà uno strumento molto importante. L’introduzione di rapidi ed efficaci ammortizzatori sociali caratterizzerà presto il dibattito politico: dovremo rinunciare a qualche capitolo di spesa non essenziale per tutelare l’essenziale, ossia i nostri lavoratori. Alla fin fine la politica si rivela sempre come scelta (più o meno condivisa) delle priorità. Toccherà fare anche questo: prima si dichiareranno gli obiettivi, meglio sarà. Il reddito di cittadinanza, che oggi compie un anno, potrà rivelarsi uno strumento importante, forse addirittura da modificare e da potenziale, per fronteggiare un probabile aumento delle povertà.

La scorsa settimana il Governo aveva varato le prime misure per le aree più colpite – le famose zone rosse (espressione che ora significa ben altro rispetto a prima…), che contemplavano anche provvedimenti come il rinvio delle scadenze fiscali e alcune agevolazioni per il comparto turistico, la sospensione dei mutui, del pagamento delle utenze, dell’Rc Auto. Ora la proposta è continuare con provvedimenti tipo l’ampliamento dell’econbonus e l’aumento del fondo di garanzia per l’accesso al credito per le piccole e le medie imprese. Insomma, per far uscire il Paese da questa tragica vicenda si dovrà mettere in campo un mix di misure passive, per contenere gli effetti economici negativi, e di misure attive, per promuovere le imprese e sostenere l’occupazione e i consumi. In questo senso alcune misure abbozzate prima dello scoppio del virus, forse oggi potrebbero assumere un profilo diverso. Si pensi alla riforma fiscale. Oggi è la grande occasione per liberare risorse nelle fasce sociali medio-basse e in alcune categorie d’impresa, affinché dispongano di più liquidità, sia per il sostentamento sia per i consumi. Si può fare rimodulando le imposte vigenti o abbassando l’Iva. L’Europa deve consentire – o negoziare – lo sforamento di qualche parametro, perché il welfare, in particolare sanitario, deve essere potenziato. In sostanza dobbiamo consentire ai cittadini di spendere di più mantenendo comunque molto alto il livello del welfare; dobbiamo consentire alle imprese di investire di più evitando possibili penalizzazioni finanziarie e fiscali dovute ai mesi di blocco delle attività.

Il fatto è che rischiamo di trovarci di fronte ad una vera e propria crisi economica, prima ancora che finanziaria. È l’economia reale ad essere entrata in una spirale negativa. Per dirlo basta osservare lo stato del trasporto privato e pubblico – dai taxi ai treni – della ristorazione e del turismo, degli eventi pubblici – dal cinema allo sport. Questo vale anche per l’export, dato che il prodotto italiano rischia di essere valutato come pericoloso. Tutto fermo, tutto in potenziale crisi. Va meglio, invece, per settori quali il farmaceutico, l’e-commerce e i servizi in streaming – a esempio di film e fiction. Una curiosità: sta andando bene anche il mercato delle baby sitter. La sospensione delle scuole (sommata alla possibile istituzione di un bonus baby sitter) ha già fatto scattare una maggiore attenzione al settore. Forse, più che una crisi economica, siamo di fronte ad un mutamento economico. Come sarà l’economia in questi mesi e come rinascerà dopo questi mesi di contagio? Riuscirà l’economia a rinascere dalle ceneri di questi giorni come la fenice? La fenice è un bel simbolo, è raffigurata con una corona, rappresenta la resilienza, la volontà di rinascere nonostante tutto, di far fronte alle avversità.

La politica deve accompagnare con intelligenza e prudenza questi cambiamenti, soprattutto per il mondo del lavoro, così grande ma così fragile, in un’economia globalizzata e ora anche contagiata. La tutela della salute e del lavoro sono le priorità vere. Altre finte urgenze ed emergenze stanno già mostrato la loro inconsistenza. Tornare a lavorare insieme per tutelare la salute, il lavoro e l’istruzione, che in realtà significa sostenere la famiglia, le imprese e le scuole, ci pare un’occasione da non perdere per dare un senso allo smarrimento collettivo. Per questo ha fatto bene il Presidente della Repubblica a incoraggiare il Paese, per avere più fiducia in se stesso, a vivere con serenità e responsabilità l’emergenza sanitaria e a confidare nell’azione della comunità scientifica, degli operatori sanitari e delle istituzioni. La politica ha un’occasione importante per riscattarsi, dando risposte alle domande sempre più inquiete della gente e agendo con serietà. Dobbiamo vedere le opportunità, ma dobbiamo anche accettare il dolore e il timore per il futuro che contagiano tutti noi. Come a dire che possiamo avere le nostre paure, ma non saranno comunque più grandi della nostra speranza.

 

Roberto Rossini