La Giornata Mondiale del Rifugiato: pensare, ricordare, agire

rifugiati in fuga
rifugiati in fuga, migranti in cammino

Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), ci sono nel mondo 102,6 milioni di persone che lasciano il proprio paese per conflitti violenti, violazioni dei diritti umani o persecuzioni politiche, etniche e religiose, ma anche per eventi climatici estremi che da qualche anno a questa parte si aggiungono alla lista dei molti motivi di fuga.

A questi milioni di persone è dedicato il 20 giugno, Giornata Mondiale del Rifugiato, in cui siamo chiamati a riflettere sul fenomeno, ricordare chi è morto durante la fuga e spingere le persone “del mondo di sopra” a concretizzare l’accoglienza.

Questa giornata è infatti un‘importante occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla protezione internazionale e sulle migrazioni forzate, pensando insieme – nelle famiglie, nelle scuole, nelle comunità, nei partiti – al destino dei rifugiati, alla loro condizione e alle politiche di accoglienza in Italia e in Europa.

Ma la Giornata Mondiale del Rifugiato chiede anche di ricordare queste persone, una per una: i loro viaggi, le loro storie dolorose e le loro morti nella ricerca di una vita migliore. Dal 1993, quasi 50mila persone hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa, annegate nel Mediterraneo, assiderate o morte di fatica e di fame ai diversi valichi di frontiera: uomini, donne, giovani, bambini e neonati. Per molti rifugiati l’Europa continua ad essere una fortezza irraggiungibile, nonostante “ogni individuo abbia il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni”, come dice l’articolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti umani, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948. Di fatto, la maggior parte di essi attualmente vive in condizioni disumane in campi profughi o nelle prigioni alle frontiere dell’Europa.

Infine, la giornata di commemorazione ha anche il compito di dare inizio ad un’azione concreta, a tutti i livelli, individualmente, come comunità locali, come Italia e come Europa. La guerra in Ucraina mostra molto da vicino quanto sia drammatica la fuga. E molti Stati membri dell’UE si stanno impegnando in gesti di solidarietà nei confronti del popolo invaso dalla Russia, tant’è che per la prima volta è stata effettivamente applicata la Direttiva 2001/55/CE del Consiglio dell’Unione Europea del 20 luglio 2001 sulle “norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi”. Fa riflettere che la direttiva esista da oltre 20 anni, ma che è la prima volta che viene utilizzata, sebbene nel frattempo ce ne siano state di guerre, e non poche.

“Tale accesso rapido alla protezione dovrebbe essere possibile anche per gli sfollati provenienti da Afghanistan, Siria, Eritrea, Etiopia, Iraq e da tutti gli altri Paesi da cui le persone fuggono per potersi costruire una nuova vita” afferma Antonio Russo, Vice-Presidente nazionale Acli.  “L’Europa ha tutti gli strumenti per fare la solidarietà e l’accoglienza di cui scrive in molti documenti”, continua, “per cui auspichiamo politiche migratorie meno ipocrite e più concrete. No all’esternalizzazione delle frontiere, sì ad una rivisitazione dell’Accordo di Dublino, ad un impegno co-programmato e condiviso fra tutti i paesi membri e ad un’accoglienza dei piccoli numeri che coinvolga primariamente gli enti locali”.

Le Acli sono infatti profondamente convinte che queste persone vulnerabili debbano essere protette, accolte ed empowered – sempre e da dovunque arrivino – nelle nostre comunità. In questo senso, il 20 giugno bisognerebbe anche celebrare tutti quei singoli e quelle persone che, all’interno delle organizzazioni della società civile, tentano quotidianamente di garantire, dare rifugio e accoglienza a quanti sono costretti ad abbandonare le loro case, offrendo la loro passione, dedizione, competenza e da ultimo il loro esempio.

Uniamoci dunque a celebrare la Giornata Mondiale del Rifugiato con eventi, mostre e incontri, provando ad estenderla a tutti i giorni dell’anno e mettendo in evidenza, oltre alle difficoltà dei rifugiati, anche la loro incredibile resilienza e il contributo che ci danno, in uno scambio che è tanto proficuo per loro quanto per noi.