L’America e la democrazia da difendere

L’assedio a Capitol Hill, durante quella che doveva essere la conclusione formale di un processo democratico, è un fatto gravissimo perché si è colpito il cuore del sistema democratico: c’è stato un voto popolare espresso in maniera libera e democratica e il responso delle urne va rispettato, sempre. Invece è andato in scena un atto eversivo a tutti gli effetti, teso ad interrompere un cerimoniale che, solitamente, dura pochi minuti ma che ha una grande rilevanza in questa fase politica in cui il Presidente uscente non ha mai riconosciuto la sconfitta delle elezioni presidenziali di novembre. Un atto che non è stato solo dimostrativo ma un’irruzione violenta che è costata la perdita di quattro vite e il ferimento di altre tredici persone. Come ha detto Joe Biden “la democrazia è fragile” ed è per questo che la dobbiamo difendere con maggiore forza, anche qui in Europa, perché non è un elemento scontato ed irreversibile.

Le immagini dell’assedio di Washington, che hanno fatto il giro del mondo e suscitato sdegno e una condanna unanime, devono farci prendere ancora più coscienza di quanto sia importante per il nostro continente l’appartenenza comune all’Europa e soprattutto come dovremo cercare di rinnovarla, producendo anche quegli anticorpi necessari affinché la diversità di vedute non sfoci mai nelle contestazioni violente a cui abbiamo assistito. Nelle ultime ore si sono dimessi due importanti membri dell’amministrazione Trump e si sta discutendo di un possibile impeachment e della rimozione forzata del presidente uscente in base all’articolo 25 della Costituzione Americana. Non sappiamo se un simile scenario si realizzerà, visto che mancano meno di due settimane all’inizio del mandato di Biden, certo desta preoccupazione il fatto che fino al 20 gennaio, giorno inaugurale con cui inizia la nuova presidenza, i poteri di Trump rimangono immutati.

Non possiamo quindi ancora dirci fuori da una presidenza che ha costruito la propria forza sul concetto di “fatti alternativi”, definizione promossa proprio da un consigliere di Trump, Kellyanne Conway, secondo cui la narrazione politica e l’informazione si intrecciano costruendo una realtà parallela rispetto ai fatti come abbiamo visto ad esempio a proposito della pandemia o degli episodi di razzismo.

E questa è l’eredità più pericolosa che ci lascia Donald Trump, il rischio cioè che ai “fatti alternativi” si affianchi un pluralismo malato che cresce sulla disinformazione e degenera nella ricerca dell’alternativa alla democrazia. Sarà una delle grandi questioni con cui, tutti coloro che hanno a cuore i diritti e l’eguaglianza di ogni cittadino davanti alla Stato, dovranno fare i conti nei prossimi anni di impegno nelle comunità.

 

Matteo Bracciali, Responsabile Esteri Acli Nazionali