Le Acli alla Corte di Cassazione celebrano le “Prime donne in un mondo dispari”: Insieme possiamo eliminare la disparità di genere

prime donne in un mondo dispari

“Siamo qui per rendere omaggio a quelle donne che sono riuscite a modificare il nostro apparato giuridico e di conseguenza la nostra società: da Lidia Poët, prima donna a laurearsi in giurisprudenza, a Rosanna Oliva De Conciliis, nostra ospite in questo convegno, che con il suo ricorso alla Corte Costituzionale permise nel 1963 a tutte di poter partecipare ai concorsi pubblici”. Chiara Volpato, responsabile nazionale del Coordinamento Donne ACLI, ha aperto ieri l’incontro “Prime donne in un mondo dispari: storie di legge e di giustizia”. In un luogo simbolico come la Corte di Cassazione, le Acli hanno voluto ripercorrere le conquiste a livello legislativo che le donne hanno raggiunto per accedere al mondo delle professioni giuridiche e ottenere alcuni diritti fondamentali: un percorso non compiuto e ancora pieno di ostacoli, come testimonia l’attuale disparità salariale e lavorativa tra uomini e donne, certificata dalla recente ricerca Acli “Lavorare dis/pari”.  Maria Enza La Torre, consigliera del Comitato Pari Opportunità Corte di Cassazione, ha affermato: “Secondo i dati World Economic Forum sono necessari ancora 132 anni per raggiungere la parità di genere a livello globale. Noi non ci arrenderemo, lo dobbiamo alle bambine di oggi, perché una volta adulte non debbano più scegliere tra lavoro e famiglia, tra carriera e figli. Il mio augurio è che tutte le giovani donne del futuro siano felici di essere donne”.

Al convegno hanno partecipato anche gli sceneggiatori della serie Netflix “La legge di Lidia Poët”, che ha fatto conoscere al grande pubblico la storia di questa donna fuori dal comune. Elisa Dondi ha raccontato: “Il personaggio di Lidia è proiettato nel futuro e questo è tipico di chi combatte per un ideale. Ho scelto di scrivere questa sceneggiatura per Lidia, ma anche perché avevo bisogno di lavorare. Lei ci ricorda che mettere al centro la propria indipendenza economica significa essere libera. Questo è dirompente nella sua semplicità”. Il creatore e sceneggiatore della Serie Netflix, Guido Iuculano, ha spiegato: “Abbiamo cercato di raccontare con ironia come una ragazza dell’Ottocento che studia per tanti anni, poi non può esercitare la sua professione; si innamora, ma sa che se si sposa perde la libertà”. Lo sceneggiatore Davide Orsini, ha aggiunto: “Lidia ha lavorato nell’ombra come assistente del fratello per trent’anni perché non poteva entrare in aula. Ha fatto con resilienza, giorno per giorno, il lavoro che le era stato negato. Per noi è diventata l’emblema di tutti gli emarginati, di tutti quelli a cui viene detto: “tu non puoi fare questa cosa””.

A ripercorre la biografia di Lidia Poët è stata Chiara Viale, avvocata, partner A&A Studio Legale e autrice del libro “Lidia e le altre. Pari opportunità ieri e oggi: L’eredità di Lidia Poët”: “Rappresenta un modello di ruolo per la straordinaria visionarietà, per la determinazione e il coraggio con cui non rinuncia al suo sogno. Nasce in una famiglia agiata e abbastanza liberale da consentirle di studiare all’estero e imparare quattro lingue. Dopo la laurea in giurisprudenza nel 1881, per esercitare la professione, doveva iscriverci all’Albo. L’Ordine degli Avvocati, accertato che c’erano tutti i requisiti decide di accettarla, ma il procuratore del re chiede l’annullamento. Di fronte a questo, ricorre in Cassazione che certifica che esiste una disparità naturale tra uomo e donna. L’avvocatura ha un carattere marcatamente virile: è l’anticamera del potere politico. La paura vera era quella che le donne ottenessero il diritto di voto. Lidia si batte per questo diritto e per il miglioramento delle condizioni dei detenuti. Ancora oggi il reddito medio delle donne è il 50% inferiore a quello degli uomini”.

Ospite d’onore del convegno è stata Rosanna Oliva De Conciliis, presidente onoraria della Rete per la Parità APS. Nel 1960 presentò ricorso presso la Corte Costituzionale, dopo il rifiuto del Ministero dell’Interno di ammetterla al concorso per la carriera prefettizia in quanto donna. La sentenza della Consulta fu una decisione storica perché permise alle donne l’accesso a tutte le cariche, professioni e impieghi pubblici, compresa la Magistratura, senza limitazione di mansioni e di carriera. “Secondo i dati World Economic Forum sono necessari ancora 132 anni per raggiungere la parità di genere a livello globale. Noi non ci arrenderemo, lo dobbiamo alle bambine di oggi, perché non debbano più scegliere tra lavoro e famiglia. Il mio sogno è che tutte le giovani donne fossero felici di essere donne”, ha detto Rosanna Oliva De Conciliis.

A concludere il convegno è stata Paola Di Nicola Travaglini, magistrata presso la Corte di Cassazione: “Siamo in una condizione nella quale abbiamo bisogno che voi uomini prendiate parola, ma siete muti. Le donne restano ospiti in molti contesti della società. Ci è stata imposta l’omissione del femminile, anche attraverso il nome. Ho impiegato tre anni per acquisire il cognome di mia madre: la struttura sociale e giuridica non riconosce che siamo anche figlie e figli di una madre. Abbiamo letto le motivazioni con cui a Lidia Poët è stato impedito di esercitare la sua professione: sono gli stessi stereotipi e pregiudizi che troviamo nelle nostre sentenze quando assolviamo gli uomini autori di violenza, le stesse parole che si leggono sui giornali quando si racconta un femminicidio. Le donne, quando mettono in discussione un ordine, sono esagerate, bugiarde, incapaci di razionalità. Tutti abbiamo un potere e una capacità trasformativa: l’articolo 3 della Costituzione di fatto è realizzabile solo se ognuno di noi ci mette il proprio”.

Per approfondire i dossier delle Acli in allegato:

1865-2023, 150 anni e un percorso ancora in-finito

Studi, ricerche e testimonianze