Le Acli impazienti. Verso una nuova democrazia

A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, in particolare dal X Congresso Nazionale del 1966, le ACLI pongono al centro del loro interesse la partecipazione dei lavoratori alla società democratica, impedita dai “canali intasati”, da riattivare attraverso pianificazione e riforme. 
Questo è anche il congresso del “ruolo vulcanico” delle ACLI che, nutrite di “cristiana libertà”, “coraggio”, “coerente capacità anticipatrice”, sentono di poter dialogare con tutti i lavoratori.
Sono scelte e proposte che continuano e si approfondiscono negli anni che seguono, anche sollecitate dalle riflessioni sul Concilio Vaticano II da una parte, dalle lotte operaie e giovanili del 1968 dall’altra.
Occorre ricordare che negli anni Sessanta le ACLI non solo hanno avuto un’ulteriore crescita organizzativaun capillare radicamento nel territorio nazionale e un’espansione delle proprie attività, in particolare nella formazione professionale e nel patronato, ma hanno conquistato una forte capacità d’interlocuzione e influenza con le istituzioni pubbliche, con i partiticon i sindacati e di dialogo con la società civile.
Il 1968 matura la consapevolezza di un “ruolo autonomo delle ACLI a fianco del movimento operaio” e una nuova attenzione alle “forze del cambiamento”, identificate con le “forze sociali della sinistra democratica” con le quali si privilegia dialogo e confronto.
Si intravede una domanda politica che chiede “canali nuovi di partecipazione per una più diretta democrazia di base”, di fronte alla quale il presidente Livio Labor ipotizza la necessità di una “nuova offerta politica”. Sono le elaborazioni che condurranno all’XI Congresso Nazionale (Torino, 19-22 giugno 1969), che segna la fine del collateralismo nei confronti della Dc e l’acquisizione del principio del voto libero degli aclisti, proclamato per la prima volta in Italia da una associazione cattolica.
Con le lotte dell'[dt_tooltip title=”autunno caldo”]Viene ricordato come autunno caldo il periodo delle lotte sindacali operaie che si sviluppò in Italia a partire dall’autunno del 1969. In questo periodo le rivendicazioni salariali spontanee nelle grandi fabbriche si associarono alle agitazioni studentesche che reclamavano il “diritto allo studio” per tutti gli strati sociali[/dt_tooltip] l’unità con le forze del movimento operaio, si acuisce all’interno delle ACLI la sensibilità anticapitalistica e classista.
Della relazione introduttiva del presidente Emilio Gabaglio, molto ampia e articolata, il passaggio più noto e controverso è il seguente: «Per la costruzione di una società di tipo nuovo, autenticamente dal volto umano, in cui sia bandita ogni discriminazione di classe, una società in cui valgano il pluralismo e il metodo della discussione […] questo tipo di società corrisponde, nel solco della tradizione originaria del movimento operaio, a un’ipotesi autenticamente socialista […] scelta per la liberazione dell’uomo e lo sviluppo solidale di tutti gli uomini».
Tensioni e polemiche sono immediate, il momento più difficile è il 19 giugno 1971, quando Paolo VI parlando del “recente dramma delle ACLI” deplora il nuovo orientamento che, “con le sue discutibili implicazioni dottrinali e sociali” le ha condotte fuori “dall’ambito delle associazioni per le quali la gerarchia accorda il suo consenso”.
Gli effetti risultano dirompenti: due scissioni e la costituzione di un nuovo movimento, il Movimento Cristiano Lavoratori, che avrà un suo seguito e conseguenze laceranti in alcune province.
Con lpresidenza di Marino Carboni, dopo il XII Congresso Nazionale (Cagliari, 13-16 aprile 1972) e le dimissioni di Gabaglio, si cercano di arginare scissioni e perdite, di ristabilire un miglior rapporto con la Chiesa e di proporre un’immagine delle ACLI più “neutra”, come “luogo di incontro” e di “confronto” tra forze di diversa ispirazione.
Nel corso di questo periodo si lavora all’approfondimento e alla revisione dell’analisi politica e sociale del movimento, che conduce dalla “scelta di classe” a una più vasta attenzione agli interessi generali di democrazia sociale e politica, da conseguire attraverso la “linea egualitaria delle riforme”.
Ma vale qui la pena riportare il paragrafo finale di un pensoso, ma benevolo, articolo di padre [dt_tooltip title=”Giuseppe De Rosa”]Giuseppe De Rosa, gesuita, è stato per oltre mezzo secolo uno dei più noti scrittori de «La Civiltà Cattolica». Con i suoi scritti ha accompagnato la vita politica e sociale dell’Italia[/dt_tooltip], Vallombrosa ’70. Le Acli scelgono il socialismo, pubblicato su [dt_tooltip title=”La Civiltà Cattolica”]La Civiltà Cattolica, rivista della compagnia di Gesù, è la più antica di tutte le riviste italiane ancora attive (il primo numero fu stampato il 6 aprile 1850).
Scorrendo le annate de La Civiltà Cattolica, si può avere un panorama abbastanza completo delle vicende religiose e politiche italiane dal 1850 a oggi «dal punto di vista cattolico».[/dt_tooltip] nel quaderno 2887, del 3 ottobre del 1970: «Noi non sappiamo quali decisioni prenderà la gerarchia, soprattutto non abbiamo la pretesa di proporre soluzioni a questo e ad altri problemi che sono emersi nel movimento aclista in questi ultimi tempi. Lo scopo di questa nostra nota è assai più modesto: essa ha inteso proporre, in spirito di fraterna amicizia e di sincera stima per un movimento che combatte in prima fila una meritoria battaglia per la liberazione e la promozione del mondo operaio e contadino, alcuni dubbi e interrogativi, per stimolare una riflessione più approfondita su temi che sono di grande importanza per un movimento che voglia essere cristiano». 
Con il distacco storico che oggi ci è consentito, possiamo comprendere come le divergenze tra le ACLI e la gerarchia ecclesiastica vertessero su questioni contingenti, soprattutto sull’unità politica dei cattolici, allora ritenuta ancora indispensabile dal Papa per garantire la tenuta democratica dell’Italia. Per lo stesso motivo  garantire la stabilità della società democratica  il movimento riteneva fosse giunta l’ora di avere un proprio ruolo autonomo e incisivo in ambito politico. Tuttavia tali divergenze non hanno mai incrinato l’adesione delle ACLI alla visione della Chiesa, alla volontà di Paolo VI di attuare pienamente il Concilio, alla consapevolezza che evangelizzazione e promozione umana sono strettamente connesse e non possono essere separate.  

  

A cura dell’Archivio storico delle ACLI 

[dt_vc_list style=”2″]

[/dt_vc_list][vc_media_grid gap=”2″ grid_id=”vc_gid:1575036901947-72f2bc38-fb21-6″ include=”43428,43429,43430,43431,43432,43433″]