Medioriente, inizia in salita l’accordo di pace tra israeliani e palestinesi

La Presidenza nazionale delle ACLI condivide le perplessità e le contrarietà espresse dalla Conferenza dei Vescovi cattolici di Terra Santa e ribadite dall’Amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme mons. Pierbattista Pizzaballa in merito al cosiddetto piano di pace presentato dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e subito accettato dal Primo Ministro israeliano Beniamin Netanyahu.

La base per qualsiasi pace giusta e durevole, deve tener conto della sicurezza e dell’integrità del popolo d’Israele ma nello stesso tempo riconosca ai Palestinesi il diritto ad una vera Patria, nel rispetto e nella convivenza delle tre grandi religioni abramitiche che con Gerusalemme e con la Palestina intrattengono un vincolo vitale.

Il progetto di Trump, come hanno rilevato i Vescovi, “non dà dignità e diritti ai Palestinesi” e “non prende veramente in considerazione le giuste richieste del popolo palestinese per la sua terra d’origine, i suoi diritti e una vita dignitosa”.

Nel momento in cui, invece di cercare le condizioni per una pace giusta e dignitosa, che definisca le condizioni per la sicurezza e la dignità di tutti coloro che fra l’uno e l’altro popolo hanno diritto di vivere liberi dal bisogno e della paura, l’idea di perpetuare l’ingiustizia di un’occupazione che si protrae ormai da troppo tempo vincolando ad essa l’elargizione dei doverosi aiuti umanitari può essere chiamata in molti modi ma non pace, ed è solo la base di un’ulteriore fase di odi e di violenze.

Noi crediamo, con la Sacra scrittura, che “la pace è frutto della giustizia”(Is 32, 17) , e che senza giustizia non vi sia pace durevole. Appoggiamo perciò il tentativo dei cristiani di Terra Santa, fra i quali siamo stati anche noi in pellegrinaggio poche settimane fa, di volersi come forza di riconciliazione che superi quello che mons. Pizzaballa chiama “il rifiuto ad accogliersi e riconoscersi l’un l’altro dei popoli che abitano questa terra, con dignità e giustizia”.

Ogni nostra azione, ogni nostra preghiera, dovrà essere finalizzata ad un percorso che tenga insieme pace e giustizia, un percorso su cui purtroppo il piano impropriamente detto “Peace – to – prosperity” è più un ostacolo che un aiuto.