“Mi affaccio dal balcone e vedo…” di Francesco Dell’Aquila

In questo racconto spero di essere in grado di narrare quello che effettivamente immagino di vedere dal balcone di casa mia, che si affaccia su un grande viale alberato.
Di fronte posso ritenermi fortunato di avere il Consorzio Agrario e posso vedere tutta una carrellata di negozi diversi ed eterogenei fra di loro, diversificati per la vendita delle loro merci, nonché dei loro prodotti commerciali che espongono nelle vetrine.
Tuttavia, quando raramente guardo fuori dalla finestra, preferisco usare la fantasia per vedere dinanzi a me un bellissimo paesaggio al posto della strada, avente un bellissimo parco dove passare il tempo libero, dove le mamme portano i loro figli a divertirsi, a svagarsi con grandi aiuole piene di fiori, oppure una bellissima spiaggia con sabbia bianchissima e mare cristallino, nel quale tuffarmi in qualsiasi momento della giornata. Sabbia finissima piena di ombrelloni tutti distanziaticon sedie sdraio e lettini, e ancora, riesco ad intravedere un giardino con terrazze sconfinate ed estese con una grossa piscina con vasche idromassaggio e tanta musica che suggerisce l’idea di un puro relax e divertimento, con punti di ristoro o di ritrovo per una semplice chiacchierata o conversazione amichevole correlate sempre alla piscina.
Immagino anche persone che riescono a tessere, con la macchina per cucire, mascherine monouso riutilizzabili per tutte le volte che escono; e persone che gridano a gran voce: Distanti saremo uniti“ e ”Ce la possiamo fare”.
Mi è capitato di vedere persone che affacciate alla propria terrazza di casa applaudivano e che avevano tra le mani un cartellone di ringraziamento alle famiglie.
Una distanza che unisce. Che bello è stato ascoltare all’unisono alla radio l’Inno di Mameli e tre brani simbolo della tradizione canora italiana: “Azzurro”, “La canzone del sole” e “Nel blu dipinto di blu”.
Dall’altro canto auspico una vita frenetica, fatta di spostamenti, di movimento, di dinamicità e non di staticità, così come era prima della pandemia.
Una vita certo di aggregazione dove sia presente soprattutto il lavoro portato avanti dal terzo settore: l’ACLI in primisl’ACI (Azione Cattolica Italiana), un mondo che non abbandoni il senso del profano, ma che si ricongiunga al senso della cristianità che dovrà contraddistinguere sempre e comunque il genere umano.
Mi immagino il nostro stadio nuovamente strapieno di tifosi per festeggiare il ritorno del Benevento in serie A.
Ciò che è importante, a mio avviso, è riscoprire quel senso di unità, di solidarietà che deve essere il vero slogan di tutti noi.
Spero che si ritorni quanto prima a una vita normale in cui baci e abbracci, che tanto ci sono mancati, saranno nuovamente possibili, quanta nostalgia per questi gesti semplici ma indispensabili nel nostro convivere quotidiano, consapevole, nel contempo, che nulla sarà veramente come una volta.
Auspico che tutto possa concludersi al più presto e dimenticare così tutte le sciagure che improvvisamente hanno deturpato l’animo interiore dell’uomo, rendendolo sempre più mesto e afflitto, e che le Forze dell’Ordine tornino finalmente ai loro compiti istituzionali senza più la necessità di effettuare i controlli imposti per l’emergenza pandemica.
Sono sicuro che un giorno torneremo più uniti e più forti di prima a fare quelle cose semplici ma importanti: ad abbracciarci e scambiare quelle strette di mano che tanto abbiamo desiderato in questi mesi di grande dolore.