Obiezione, vostro onore

A inizio anno ci fu il caso dei sindaci disobbedienti rispetto al decreto sicurezza. E ora, che nelle strade iniziano a vedersi gli effetti del decreto sicurezza, ci saranno forse altre disobbedienze, altre resistenze, possibili obiezioni di coscienza. Si può dar riparo ad un clandestino? Si può assistere inermi alla via crucis di persone che pare non abbiano alcun luogo al mondo dove poter stare senza aizzare questioni di gravità politica? Già il pacchetto sicurezza del 2009 aveva sollevato una serie di questioni poi irrisolte o poco chiare, sia sotto il profilo pratico (il reato di clandestinità è difficile da punire, si può dare una multa salata a chi non ha i soldi?) sia sotto il profilo morale (si può ospitare un povero straniero senza casa? Pare di sì, secondo la Corte di cassazione). Sia col Pacchetto sicurezza sia col Decreto sicurezza sono emerse molte voci a denunciare la legge stessa, la sua giustizia interna (è una legge giusta?) e quindi il suo rispetto. Tenendo conto che in uno Stato democratico le leggi vanno rispettate, quali sono le condizioni per una obiezione di coscienza?
Il tema non è certo nuovo, né al dibattito politico né a quello normativo. Il mondo cattolico, in particolare, ha una certa familiarità col tema, perché alcune esperienze ne hanno qualificato la riflessione, mi riferisco in particolare alla questione dell’aborto – ancora viva, quella sì, ogni tanto – e al servizio militare. Rispetto a quest’ultima obiezione vanno ricordate due esperienze interessanti. La prima si riferisce a don Milani, che elogiò la scelta dell’obiezione di coscienza all’obbligo della leva militare (noto l’aforisma per cui l’obbedienza non è più una virtù): per questa posizione – scritta anche “contro” il parere dei cappellani militari – il prete di Barbiana fu processato. E la seconda si riferisce a chi fu proprio condannato, Fabrizio Fabbrini, che consegnò alle autorità la sua divisa militare: nonostante la galera, la sua vita fu “premiata” dalla cattedra che condivise con Giorgio La Pira. Eppure furono esperienze così a lanciare una straordinaria stagione di vitalità civile come quella degli obiettori di coscienza (al servizio militare) e a modificare leggi ingiuste o incomplete.
Ma torniamo a noi: a quali condizioni è moralmente lecito esprimere obiezione di coscienza? Secondo il Compendio di Dottrina sociale della Chiesa è possibile se le prescrizioni delle autorità civili se sono contrarie alle esigenze dell’ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. San Tommaso d’Aquino scrive che « si è tenuti a obbedire… per quanto lo esige l’ordine della giustizia ». Dunque il fondamento del diritto di resistenza è nel diritto di natura. I modi con cui obiettare possono essere più d’uno, ma sempre nonviolenti, ovviamente. I criteri che dichiarano l’agibilità della resistenza sono i seguenti: (1) violazione certa, grave e prolungata dei diritti fondamentali; (2) nessuna altra via realmente praticabile, dopo che se ne sono già sperimentate altre; (3) nessun maggior disordine, dalla resistenza; (4) speranza di successo. Tra i modi, vi è anche la resistenza passiva.

Roberto Rossini