Presidente Acli Bottalico a governo e parlamento: ascoltare istanze Bcc

«Il decreto del Governo sulla riforma del credito cooperativo – afferma Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli (Associazioni cristiane lavoratori italiani) – contiene qualche apertura verso le richieste avanzate dal mondo della cooperazione, come la holding unica, potenzialmente in grado di costituire il terzo colosso del credito in Italia. Questa apertura è necessario che continui in sede parlamentare anche per sgombrare il campo dall’equivoco che la dimensione di questi particolari istituti di credito costituisca il problema. É vero semmai il contrario: queste piccole banche hanno indici di solidità (secondo l’indice Cet1) ben superiori ai grandi gruppi. Esse rappresentano un vitale elemento di democrazia economica nonché un validissimo esempio di totale separazione dalle attività speculative e per questo costituiscono la parte più sana del nostro sistema creditizio, che eroga circa un quarto dell’intero credito a imprese e famiglie.

É tempo che il mondo dell’informazione e l’opinione pubblica – avverte Bottalico – mettano sotto i riflettori anche le grandi banche d’affari, il loro rapporto talora incestuoso con le agenzie di rating, che le rende in grado di speculare sui debiti sovrani determinando la perdita di molti posti di lavoro ed i tagli al welfare che fanno salire vertiginosamente il numero dei poveri in ogni parte d’Europa.

Chiediamo al governo di porre fine al meccanismo del bail in per la gestione delle crisi bancarie, che scarica le responsabilità dei banchieri sulle spalle dei risparmiatori e mina alle fondamenta la fiducia nel sistema creditizio. In Europa gli stessi grandi Paesi che ce lo impongono non lo mettono in pratica. Nel cuore dell’Europa vi sono banche d’affari che hanno una esposizione in derivati pari ad una ventina di volte il pil tedesco (70mila miliardi). Forse – conclude il presidente delle Acli – le regole europee dovrebbero essere invocate anche di fronte a questi casi non proprio secondari e non per penalizzare il credito sano legato allo sviluppo del territorio e per mortificare ed impoverire i piccoli risparmiatori».