Questo povero grida e il Signore lo ascolta

A cura di Pier Giuseppe Accornero

C’è chi, per opportunità politica, pensa e favoleggia di «abolire la povertà» per decreto. Papa Francesco, molto più concretamente, invita la comunità cristiana «a dare un segno di vicinanza e di sollievo a coloro che sono nel bisogno e sono sotto i nostri occhi, collaborando anche con altre realtà di solidarietà». D’altra parte oggi c’è «fobia» per i poveri, considerati come «gente portatrice di insicurezza, instabilità, disorientamento dalle abitudini quotidiane e, pertanto, da respingere e tenere lontani».

Non è tenero il Pontefice nel messaggio per la seconda «Giornata mondiale dei poveri» che si è celebrata domenica 18 novembre 2018 sul tema «Questo povero grida e il Signore lo ascolta» (Salmo 34,7). Iniziativa istituita da Bergoglio a conclusione dell’Anno Santo della misericordia (2015-2016) e fissata, nella lettera apostolica «Misericordia et misera» (20 novembre 2016), alla penultima domenica dell’anno liturgico, la XXXIII del tempo ordinario. La ricchezza del mondo è nelle mani di pochi mentre povertà, miseria e sofferenza sono per tanti. E la povertà è creata da peccati che generano conseguenze drammatiche. Secondo l’Istituto di statistica Istat in Italia nel giugno 2018 i «poveri assoluti» sono oltre 5 milioni, primato dal 2005. Soffre soprattutto il Mezzogiorno, ma anche le metropoli del Nord. Più di 1,2 milioni di minori sono in questa condizione. Più di tutti (1 milione e 600 mila, il 32,1 per cento) in povertà assoluta sono gli stranieri. Ormai la «timida ripresa» è diventata – per usare un termine caro al governo gialloverde – una «decrescita felice». L’Istat aveva già lanciato un allarme quando aveva parlato di «esplosione delle domande per il reddito di inclusione», promosso dal governo di centrosinistra, e ne aveva accolte solo la metà e aveva destinato i due terzi a combattere la povertà al Sud. L’Istat specifica i contorni del fenomeno: le famiglie in povertà assoluta sono 1 milione e 778 mila con 5 milioni e 58 mila individui, il 6,9% per le famiglie (era 6,3% nel 2016) e dell’8,4% per gli individui (da 7,9%). Seppure «immersi in tante forme di povertà – ragiona Francesco – spesso si eleva la ricchezza a primo obiettivo e molte iniziative sono rivolte più a compiacere noi stessi che a recepire davvero il grido del povero». Solo con la collaborazione si può iniziare a far arretrare la povertà: «Spesso la collaborazione con altre realtà, che sono mosse non dalla fede ma dalla solidarietà umana, riesce a portare un aiuto che da soli non potremmo realizzare.

Riconoscere che, nell’immenso mondo della povertà, anche il nostro intervento è limitato, debole e insufficiente conduce a tendere le mani verso altri, perché la collaborazione possa raggiungere l’obiettivo in maniera più efficace». Ma senza illusioni: questa azione è una piccola risposta ai poveri «perché non pensino che il loro grido sia caduto nel vuoto. Siamo mossi dalla fede e dalla carità. Sappiamo riconoscere altre forme di aiuto e solidarietà che si prefiggono in parte gli stessi obiettivi, purché non trascuriamo quello che ci è proprio, cioè condurre tutti a Dio e alla santità». D’altra parte la povertà non è cercata ma «è creata dall’egoismo, dalla superbia, dall’avidità e dall’ingiustizia, mali antichi quanto l’uomo, peccati che portano a conseguenze sociali.

Il Pontefice assicura: il Signore «ascolta i poveri, quanti vengono calpestati nella loro dignità, ma hanno la forza di innalzare lo sguardo verso l’alto per ricevere luce e conforto, coloro che vengono perseguitati in nome di una falsa giustizia, oppressi da politiche indegne di questo nome e intimoriti dalla violenza».

Non è di protagonismo che i poveri hanno bisogno, ma di amore: «I veri protagonisti sono il Signore e i poveri che si mettono nelle mani di Dio» Forme di precarietà sono «la mancanza di mezzi basilari di sussistenza, la marginalità quando non si è più nel pieno delle proprie forze lavorative, le diverse forme di schiavitù sociale, malgrado i progressi compiuti dall’umanità».

Esorta a non avere «sentimenti di disprezzo e pietismo verso i bisognosi, bensì a rendere loro onore, dare loro la precedenza, perché sono una presenza reale di Gesù in mezzo a noi». Ed è qui che si comprende «quanto sia distante il nostro modo di vivere da quello del mondo, che loda, insegue e imita coloro che hanno potere e ricchezza, mentre emargina i poveri e li considera uno scarto e una vergogna».