venerdì, Marzo 29, 2024
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    Salute, Sud e ordine pubblico nazionale

    Nel Paese in cui i Comuni sciolti per mafia sono giunti al numero di 47, in cui come denuncia il Governatore della Campania De Luca esiste un serio problema di ordine pubblico se il #coronavirus non arretra e se dovesse esplodere al Sud, e ove l’usura rischia di trovare un luogo di grande business nella piaga economica post emergenza epidemiologica, è necessario aprire un filone di discussione utile al Paese.
    La salute non è solo sanità o assenza di malattia, come ci ha ricordato diversi anni or sono l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ma è benessere sanitario, sociale, psicologico, economico. All’appello, in una situazione in cui un pandemico tsunami ha colto impreparato il mondo intero, dalle Istituzioni, ai corpi intermedi, ai singoli cittadini, non può mancare un ragionamento serrato su come il coronavirus impatti su chi è già, epidemia a parte, in una condizione di svantaggio e patisce disuguaglianze strutturali.
    La salute del Sud, o meglio dei Sud (al plurale) del Paese, rientra tra queste fattispecie.
    Come scriveva qualche anno fa il Professor Viesti, il Sud è tutto ciò che non ci piace del Paese, ma del Paese vive solo sue accentuazioni di vizi, errori e problemi comuni. Quando c’è però da attingere in situazione di emergenza, il primo pensiero va ai fondi strutturali destinati prevalentemente al mezzogiorno, come sta pensando di fare anche il Governo Conte nel Decreto Cura Italia Bis. Risultato: accentuare ancor di più le disuguaglianze, in nome di una coesione sociale e territoriale predicata, ma non praticata. Inaccettabile!
    Disuguaglianze economiche, deficit di servizi, pesante presenza della criminalità organizzata, taglia alla sanità continui. Ma che Paese vogliamo? Vogliamo, dopo una guerra e un successivo dopoguerra (che speriamo arrivi presto), imparando appieno la lezione del #coronavirus che ha dimostrato al mondo che l’onnipotenza non può essere degli umani e che è necessario avviare la stagione dei “competenti” e della “competenza”, avviare un percorso di nuova “nazionalizzazione” e “socializzazione” dei problemi? O vogliamo continuare ad andare a più velocità, senza garantirne una unica sul fronte dei diritti dei cittadini, in particolare quelli fondamentali come salute, istruzione, diritto al benessere sociale? Ci vogliamo occupare senza se e senza ma della criminalità organizzata che fa affari in tempi di coronavirus, facendo leva sulla capacità di approvvigionarsi di tutto, meglio dello Stato, facendo leva sulla sua forza coercitiva che cresce in tempi di disagio e paura?
    Non possiamo curare l’Italia, anzi non possiamo ritenerla malata. L’Italia non è il malato da curare, ma la cura dei nostri problemi, nella misura in cui sceglieremo la via di guardare agli stessi come problemi di tutti. Se non faremo così, finirà il Covid-19, ma tornerà a scatenarsi il virus del cannibalismo sociale, senza comprendere che ciò che oggi è la mia difficoltà domani potrà essere del prossimo, come questi tempi drammatici ci stanno insegnando.
    Gianluca Budano
    Consigliere Presidenza Nazionale ACLI con delega alle Politiche della Salute e della Famiglia