Un bel lavoro per tutti!

Il titolo del convegno di studi richiama le migliori esperienze di lavoro ed economia che nella storia (si pensi all’Olivetti), ma anche nell’attualità, testimoniano come oggi più che mai abbia senso puntare su un modello di sviluppo che, a partire dalla partecipazione attiva delle persone e delle comunità, vede e cerca nella qualità di ciò che si produce il riverberarsi della bellezza e della sostenibilità delle condizioni di lavoro e di vita; una visione nella quale la promozione umana è precondizione e fine dell’agire economico. Viviamo un tempo straordinario, irto di pericoli, drammi ed emergenze, ma anche ricco di grandi opportunità dettate dalla inedita capacità di produrre ricchezza, dalla continua innovazione in ogni campo e dall’emergere, sia pur con fatica, di una nuova coscienza planetaria sull’inderogabilità di alcune sfide. Sappiamo fare subito i vaccini, ma non distribuirli, sappiamo creare ricchezza come non mai, ma a vantaggio dell’iperarrichimento di pochissimi (dall’1% o meno della popolazione, con differenze tra manager che toccano le 400 volte quelle di uno stipendio medio, e a volte pure 2000 volte). In questo orizzonte le Acli guardano a tre aree di impegno:

1. RI-FORMARE IL LAVORO (AMMORTIZZATORI E POLITICHE ATTIVE)
2. RISCATTARE IL LAVORO DA UN’ECONOMIA AL “MASSIMO RIBASSO” E DALLE DISEGUAGLIANZE
3. RITESSERE CO-SVILUPPO E OCCUPAZIONE

RI-FORMARE IL LAVORO (AMMORTIZZATORI E POLITICHE ATTIVE)
A. Valorizzazione dei mestieri e nuove 150 ore
I mestieri sono un vasto bacino occupazionale (circa tre posizioni lavorative su dieci esistenti in Italia al termine del 2019) e andrebbero maggiormente valorizzati, diffondendo in tutto il Paese il sistema duale (apprendimento sia in aula e che in impresa) attraverso l’effettivo radicamento della rete dell’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), dell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) e degli Istituti Tecnici Superiori (ITS) che, laddove presenti, hanno contribuito alla riduzione della dispersione scolastica e hanno prodotto occupazione qualificata. Inoltre è urgente agire d’anticipo con un grande piano di istruzione e formazione per innalzare il livello di istruzione e riqualificare lavoratrici e lavoratori. La formazione dei lavoratori adulti deve diventare realmente permanente.
B. Promuovere le diverse tipologie di contratti che prevedono e valorizzano la formazione:
Riqualificare le lavoratrici e i lavoratori significa tutelarli da crisi di settore o ristrutturazioni aziendali. È dunque importante estendere l’ambito di applicazione e promuovere i diversi istituti che prevedono un adeguamento delle competenze delle lavoratrici e dei lavoratori: il Contratto di Espansione, per la gestione dei processi di ristrutturazione aziendale; l’Apprendistato, in particolare quello di I e di III livello, che andrebbe semplificato e potenziato in termini di investimenti e di ampliamento dell’offerta formativa; i Tirocini, che possono essere un ottimo strumento per avvicinare le persone ai contesti lavorativi, se rafforzati nella certificazione delle competenze, nell’accompagnamento, nei controlli tesi a contrastarne un uso improprio; l’estensione dell’utilizzo del Contratto di Formazione Lavoro ai settori privati e per l’inserimento lavorativo anche degli adulti.
C. Oltre la centralità dei soli Centri per l’impiego e clausola sociale per le fasce deboli e le persone in povertà
Perché il programma Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori), così come la riforma delle politiche attive a cui sta lavorando il Governo, funzionino molto dipenderà dai Centri per l’Impiego che, allo stato attuale, non sono in grado di prendere in carico e di accompagnare al lavoro un numero ampio di persone e con bisogni molto diversi. Va estesa allora l’intera rete di servizi per il lavoro che, in un disegno pubblico (cui spetterebbe comunque l’attività di indirizzo, controllo e standardizzazione dei servizi), valorizzi il ruolo e le competenze specifiche dei soggetti privati. Si potrebbe immaginare che soggetti del Terzo settore e del non Profit rivestano un ruolo di concessionari pubblici, per la profilazione e la presa in carico delle persone (di tutte le persone!) da avviare in percorsi di riqualificazione delle competenze e di accompagnamento al lavoro: attività che già svolgono e che per altri soggetti potrebbero non essere convenienti da un punto vista economico. Valorizzare e definire in un quadro nazionale il ruolo dei diversi soggetti pubblici e privati e le loro competenze specifiche eviterebbe l’insorgere di conflitti d’interesse e di sacche di inefficienza. Inoltre, chiediamo l’introduzione di una “clausola sociale”, in base alla quale nelle concessioni pubbliche ai privati, così come nell’indotto dei fondi PNRR e non solo, una quota di lavoratori appartenenti alle fasce deboli o in povertà, sia inserita in nuova imprenditorialità sociale da avviare con le comunità locali: favorirebbe l’inserimento lavorativo dei percettori del RdC e delle lavoratrici e dei i lavoratori più fragili o svantaggiati, i più colpiti dalle trasformazioni. In tal senso abbiamo bisogno non di singoli centri, ma di CASE DEL LAVORO. Anche grazie al contributo di esperienze come quelle del nostro sistema Acli, in sinergia con gli attori pubblici, secondo il più sano principio della sussidiarietà orizzontale, le CASE DEL LAVORO possono diventare qualcosa di più di meri sportelli: case della formazione, che orientino, che si prendono in carico le persone.
D. Una riforma della Scuola che parta dalle comunità locali
La scuola deve riappropriarsi della sua missione educativa volta a spezzare la “trasmissione” delle diseguaglianze: non lasciare indietro nessuno, prevedendo percorsi di tutoraggio che gradualmente e in modo personalizzato accompagnino e orientino nella crescita e nelle scelte, integrando istruzione e formazione professionale e non separandole.

E. Taglio del cuneo fiscale solo dove ci sono formazione permanente e conciliazione
È importante puntare a un lavoro di qualità e quindi studiare come concentrare il taglio dei costi del lavoro laddove siano garantiti lungo tutta la carriera lavorativa delle persone modalità e misure efficaci di formazione permanete e di conciliazione.

RISCATTARE IL LAVORO DA UN’ECONOMIA AL “MASSIMO RIBASSO” E DALLE DISEGUAGLIANZE
A. Messa al bando del lavoro povero e insicuro Dobbiamo tutti impegnarci affinché vengano messi al bando i contratti di lavoro povero (generati non solo dai privati, ma anche dai massimi ribassi nella Pubblica Amministrazione), con maggiore presidio delle catene di fornitura e superando la confusione creata dai più di 900 contratti collettivi registrati al Cnel con una legge o un accordo sulla rappresentanza e definire così soglie contrattuali minime vincolanti per tutti. La lotta per la sicurezza sui luoghi di lavoro non può prescindere da un aumento dei controlli e dalla formazione, così come dalle nuove possibilità offerte dalla transizione digitale, ma se continua a prevalere una logica del “massimo ribasso” dei costi umani e sociali saremo sempre più ostaggio di un’economia senza scrupoli. B. Un social e green compact: un altro patto di stabilità è possibile! Sostegno al varo di una legge UE sulla “due diligence” per vincolare le imprese e le loro catene di fornitura, anche fuori dell’Europa, al rispetto dei diritti umani e dell’ambiente e lavorare ad un nuovo patto di stabilità. La tragedia della pandemia ci insegna che la stabilità viene dallo sviluppo sostenibile, allora il patto di stabilità diventi un “green e social compact”: la previsione di garanzie e livelli essenziali di rispetto dell’ambiente e dei diritti (misure di accoglienza e di integrazione dei migranti, norme contro il dumping del lavoro, una fiscalità minima vincolante per tutti i paesi della UE). Un punto di partenza fondamentale, in materia di lavoro e diritti, è il Pilastro europeo dei diritti sociali. C. Lavoro a distanza e smart working opportunità e non sfruttamento Le nuove forme di organizzazione del lavoro rappresentano un’opportunità importante per le persone e per le comunità più periferiche, ma devono essere una misura di conciliazione (evitando discriminazioni come quelle sul bonus babysitter) e vanno regolamentate. D. Una riforma del sistema fiscale e finanziario internazionale Il dumping salariale e la concentrazione in poche mani della ricchezza prodotta dal lavoro sono riconducibili anche ad una forte elusione fiscale e a una speculazione finanziaria che poco ha a che vedere con la solidità delle aziende ed è finalizzata alla massimizzazione immediata dei guadagni. Va rilanciata la proposta di riforma finanziaria già disegnata dieci anni fa dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e va intrapresa una lotta reale per cancellare i paradisi fiscali e il dumping fiscale, assicurando universalmente il meccanismo di progressività nella tassazione di tutti i redditi. Così come va almeno posto un limite al guadagno dei manager obbligando, oltre il milione, le aziende a pagarli coi propri profitti.

RITESSERE CO-SVILUPPO E OCCUPAZIONE
A. Puntare sull’economia sociale e sull’economia della cura, anche per favorire la permanenza al lavoro e la carriera delle donne Molta nuova occupazione può nascere ed è già cresciuta in settori che vedono protagonista il Terzo settore. Una strategia italiana per l’economia sociale, in particolare, deve guardare all’economia del prendersi cura anche introducendo, analogamente all’economia verde, agevolazioni fiscali per favorire l’implementazione dei servizi e l’occupazione, nonché far emergere (prevedendone una qualificazione) centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori del settore domestico. Proponiamo, a fianco della realizzazione della rete di protezione sociale e dei livelli essenziali delle prestazioni anche sociali, di prevedere una detrazione (o uno “sconto” al fornitore o una elargizione equivalente per chi non ha reddito) a favore del lavoro sociale di assistenza familiare, o educativo con i minori, con persone non autosufficienti, di prevenzione e promozione della qualità della vita e della salute, dello sport ecc. La misura, nel rispetto di quanto stabilito dai contratti di lavoro sottoscritti dalle parti sociali maggiormente rappresentative, potrebbe essere elaborata basandosi su una detrazione (o altro) progressiva (dal 30% al 20% in base alla ricchezza equivalente) e all’importanza del servizio, con uno sconto al beneficiario (o al familiare nel caso, per esempio, del lavoro di cura), per un ammontare annuale massimo di spesa variabile (ad esempio dai 2.000 ai 3.000 €). Politiche in questa direzione avrebbero diversi effetti positivi, tra gli altri sull’occupazione, i compensi e la carriera delle donne, sulle quali sempre più cade un carico familiare spesso doppio (minori e anziani).
B. Il Mediterraneo e il Meridione vanno messi al centro di una visione di co-sviluppo Solo favorendo la creazione di poli di sviluppo al Sud si può pensare ad un risanamento strutturale dell’economia nazionale, rendendola protagonista, anche nella logistica, nel Mediterraneo. Il PNRR è un’opportunità ma restano dei nodi critici, soprattutto nelle aree più deboli, relativamente ai collegamenti, allo sviluppo delle aree interne (specie quelle colpite dai terremoti) e alla capacità pubblica di usare i fondi. Strategiche sono le infrastrutture sociali e della conoscenza che possono attrarre e generare investimenti e nuova classe dirigente, come dimostrano anche molte esperienze (si pensi alla Fondazione Con il Sud). Servono azioni per l’infrastrutturazione avanzata, il cambiamento delle imprese, il potenziamento dell’istruzione e della ricerca. Serve però una logica di co-sviluppo nella quale città e aree interne, Nord e Sud crescono insieme. Ancor di più di più serve guardare ad un grande patto per il co-sviluppo tra Europa e Africa, senza il quale il Mediterraneo diviene solo un Medioceano, lo stretto conteso tra Usa e Cina, scenario di una tragedia umana, quella dei migranti, sempre più dimenticata. C. Gestire le crisi e rilanciare l’occupazione Ogni crisi aziendale è diversa e non è pensabile un’unica soluzione. Tuttavia, sottolineiamo la necessità di lavorare per politiche di reindustrializzazione e per favorire il fenomeno del working buyout (imprese acquisite in cooperativa dai dipendenti). D. Made in Italy, transizione digitale e transizione ecologica La transizione green nel nostro Paese è in atto, ma impone nel breve periodo vincoli stringenti in uno scenario in fortissima trasformazione. Serve colmare l’enorme distanza che spesso divide l’ecosistema della ricerca pubblica da quello dell’innovazione industriale.

In allegato il testo di approfondimento

DOCUMENTO DI APPROFONDIMENTO