V Domenica di Pasqua

Domenica – 14 maggio 2017 – Anno A
Parola del giorno: At 6,1-7; Sal 32; 1Pt 2,4-9; Gv 14,1-12

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI (Gv 14,1-12)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via». 5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.  7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». 8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. 12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».

COMMENTO AL VANGELO 

a cura di don Antonio Cecconi, accompagnatore spirituale Acli Pisa

 

Mettersi in gioco nell’avventura di Gesù

 

Sono due gli interlocutori di Gesù in questo brano del Vangelo. L’uno è Tommaso, il più concreto e addirittura “materialista” dei dodici, quello che dubiterà della risurrezione finché non avrà toccato con mano. Quanto a concretezza, l’altro non è da meno: quando Gesù, di fronte a una folla affamata, aveva chiesto ai discepoli di dare loro da mangiare, Filippo aveva fatto un rapido calcolo: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo” (Gv 6,7).

 

Tommaso, Filippo e gli altri sono a mensa per l’ultima cena. Prima Gesù ha lavato loro i piedi e ora sta facendo appello alla loro fede di fronte al momento decisivo della prova. Fede è fidarsi, aprirsi alla verità e alla bontà di ciò che – per adesso – non si vede e non si tocca, ma forti di un’esperienza già fatta: tutto ciò che i discepoli hanno sperimentato nel tempo trascorso con Gesù. Adesso si tratta di abbandonarsi e mettere in gioco la propria vita, coinvolgersi personalmente nella vicenda del Maestro. Per questo, nei pochi versetti del brano, è chiamata in causa più volte la loro fede. Quello che deve esser chiaro (ma non lo è ancora per Tommaso e per Filippo) è che la fede non è rispondere alla domanda in che cosa si crede, ma in Chi si crede, e quindi di Chi ci si fida, Chi si è disposti a seguire.

 

Chiedendo di sapere la via, Tommaso vuole informazioni sul percorso per giungere a destinazione e a quel punto fermarsi, stare. Ma la via di Gesù è inseparabile dalla verità e dalla vita, si tratta di un insieme dinamico: la verità non si sa ma si vive, il “conoscere” di Gesù – e di tutta la Bibbia – è un verbo che dice un legame non intellettuale ma affettivo, una relazione personale, intima e addirittura amorosa.

Qualcosa di simile lo si ritrova nelle risposte di Gesù a Filippo che vuol vedere il Padre: un vedere materiale, di qualcosa e non di Qualcuno. La sua richiesta (“Mostraci il Padre e ci basta”) è analoga a quella di Tommaso sulla via: non cerca una relazione, ma si accontenta di un contatto, vedere senza il bisogno di incontrare, mantenendo le distanze o addirittura l’estraneità. Qualcosa di statico anziché un’esperienza dinamica.

 

Nella sua risposta Gesù (“Se venendo dietro a me non ti sei accorto di aver già visto il Padre, hai solo perso tempo…”) collega il futuro dei discepoli a quello che hanno già sperimentato vivendo con lui: il suo andare verso le persone con gesti di misericordia, con parole di perdono, incontri che dicono accoglienza, rispetto profondo, percorso di liberazione dal male e dal peccato, cammino verso la vita. Tutto questo è già incontro con il Padre, esperienza del suo amore per l’umanità.

 

E non solo: da questo flusso di vita, di salvezza, di amore donato e ricevuto adesso il discepolo è coinvolto a tal punto da diventarne lui stesso protagonista: capace di compiere le opere di Gesù o addirittura opere più grandi, perché col ritorno di Gesù al Padre il disegno della salvezza è compiuto, adesso sarà la vita dei credenti a mostrarne l’efficacia.

 

È iniziata e ancora continua quella che Emmanuel Mounier chiamò “L’avventura cristiana”: stare nel divenire storico con la certezza di qualcosa che ci riguarda da vicino e reclama il nostro impegno – personale e comunitario, caritativo e sociale, ecclesiale e civile… – ma che è possibile perché ancorato al mistero dell’amore pienamente rivelato in Cristo e accolto in quell’abbraccio d’amore che è la Santissima Trinità.