Acli Sardegna: Ricerca Iares su effetti emergenza Covid-19 nell’Isola, a rischio 50.000 lavoratori

Dopo il dramma sanitario e i tantissimi deceduti in Italia e nel mondo, le conseguenze economiche e sociali dell’emergenza Covid-19 non si faranno attendere, anzi ne stiamo già vedendo l’anticipo: imprese a rischio chiusura, fase 2 con notevoli criticità, nuovi disoccupati e aumento della povertà.
Le ACLI della Sardegna analizzano i dati relativi alla situazione sull’isola a partire dal rapporto IARES, l’Istituto ACLI per la Ricerca e lo Sviluppo: dallo studio emerge che, ipotizzando tra il 10% e il 20% le persone che perderanno il lavoro o non verranno assunte, in Sardegna ci saranno tra i 25.000 e i 50mila disoccupati tra lavoratori autonomi, lavoratori non tutelati e lavoratori dipendenti di aziende private che non sono ripartite.
Se si allarga il discorso all’ambito familiare, saranno 120.000 i nuovi poveri che andranno ad ingrossare le fila dei 167.000 poveri assoluti già presenti.
“Per non far saltare il sistema sociale sardo, se fosse possibile scegliere tutte le opzioni, occorre fare in fretta e bene, ma se si deve scegliere solo una opzione, direi che ora occorre privilegiare la velocità – afferma il presidente regionale Franco Marras –. Servono risorse a fondo perduto per affrontare l’emergenza nell’immediato ma serve anche pianificare un rafforzamento delle politiche attive sul lavoro, un programma di formazione sui nuovi lavori e un intervento di affiancamento e supporto al contrasto delle nuove povertà, con il pieno coinvolgimento del terzo settore.”
Secondo Marras “tempi lunghi e burocrazia rendono inutili gli interventi perché erogati in ritardo e inefficaci”. Per questo “vanno messe al centro le comunità locali per un controllo sociale e non la Regione per un controllo burocratico che costerebbe più del valore delle erogazioni”. Infine le ACLI sollecitano la pianificazione di “un rafforzamento delle politiche attive del lavoro e un programma di formazione per i nuovi lavori: non chiamateci solo alla fine, quando il danno è stato fatto, costruiamo insieme la rete di protezione per questi 120.000 nuovi poveri”.