Cambiamo mira! Investiamo nella pace, non nelle armi

Di Daniele Rocchetti, delegato nazionale alla Vita cristiana

Così scrivono, in un appello congiunto, i direttori di Nigrizia, Mosaico di Pace e Missione Oggi. Un appello rivolto per la festa di Pentecoste alle comunità cristiane, ai vescovi, ai parroci, ai consigli pastorali e a tutte le persone di buona volontà. Un testo che, non a caso, richiama con forza il messaggio di Pasqua di papa Francesco: “non è questo il tempo in cui continuare a fabbricare e trafficare armi,spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per curare le persone e salvare le vite”.  

Non solo appello ma anche vigilanza sul denaro che entra in chiesa

Parole nette e chiare che dovrebbero rappresentare una road map per tanti cristiani che stanno immaginando un “nuovo inizio”. Parole che vorrebbero sollecitare i vescovi italiani a uscire dal silenzio e rimettere il tema della pace, cuore del Vangelo, al centro della riflessione e dell’azione delle comunità. 
D’altronde, lo abbiamo scoperto nei mesi scorsi: armi e strutture militari non sono state in grado di fermare la pandemia. Altre sono le urgenze a cui la politica dovrebbe guardare: abbiamo bisogno di meno soldati, di meno F35 (costo cadauno di 150 milioni di euro) e più medici, più strutture sanitarie di territorio.
L’appello delle tre riviste lancia una sfida e chiede alle comunità cristiane attenta vigilanza perché “dentro questa emergenza in cui si inietta liquidità nel sistema economico e nella Chiesa per sostenerne le attività, sentiamo ancora più forte l’esigenza di prestare attenzione al denaro e ai suoi movimenti. Il denaro certo serve, per fare il bene, ma farsi suoi servi genera solo disgrazie sorde al grido dei poveri e di Sorella Madre Terra. Vogliamo impegnarci con voi per vigilare sull’origine delle donazioni per opere spirituali, caritative, educative, sociali e comunitarie e sul loro ingresso nei circuiti dei sistemi bancari e di investimento.” E ricorda un passaggio dell’Esortazione apostolica post-sinodale Querida Amazonia: “Non possiamo escludere che membri della Chiesa siano stati parte della rete di corruzione, a volte fino al punto di accettare di mantenere il silenzio in cambio di aiuti economici per le opere ecclesiali.Proprio per questo sono arrivate proposte al Sinodo che invitano a prestare particolare attenzione all’origine delle donazioni o di altri tipi di benefici, così come agli investimenti fatti dalle istituzioni ecclesiastiche o dai cristiani” (n. 25).  

Se si investe in armi, si disinveste in altri settori

È sempre più evidente l’assurdità del fatto che il denaro raccolto con le nostre tasse e sottratto alla sanità (tagli per 37 miliardi negli ultimi dieci anni), alla scuola, all’accoglienza, alle famiglie vada a finanziare sistemi militari costosissimi come i caccia F-35 e i sommergibili U-212. Anche i vescovi italiani nel recente documento La chiesa cattolica e la gestione delle risorse finanziarie con criteri etici di responsabilità sociale, ambientale e di governance invitano “a individuare processi di conversione delle capacità produttive di armi in altre produzioni ad usi non militari” (4.2.3).  Le tre riviste invitano dunque a prendere parte al percorso di rilancio della Campagna di pressione alle “banche armate” che avverrà il 9 luglio in occasione dei 30 anni della promulgazione della Legge n. 185/1990 che ha introdotto in Italia “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”. Un percorso che prevede di:  

Verificare le banche  in cui sono stati depositati i risparmi evitando quei gruppi bancari che finanziano, giustificano e sostengono l’industria, il commercio e la ricerca militare.
Verificare le fontidelle donazioni a parrocchie, comunità cristiane, comunità religiose e associazioni, anche rinunciando a provenienze dubbie.
Sensibilizzarci e sensibilizzare la cittadinanza sul tema della riconversione delle spese, delle aziende militari e delle operazioni bancarie per promuovere le aziende e i fondi destinati a sostenere la vita.
Richiedere al Governo italiano, insieme a Rete italiana per il disarmo, Rete della pace e Sbilanciamoci, di attivare una moratoria sulla spesa militare e sistemi d’arma per almeno un anno, riconvertendo tale spesa nella sanità, nella scuola, nella cultura, nella difesa dell’ambiente, nelle comunità locali. 

Ospedali e scuole, non cannoni 

“Servono ospedali e scuole, non cannoni”, ricordava Aldo Capitini alla prima Marcia italiana per la pace e la fratellanza tra i popoli, subito dopo la seconda guerra mondiale. Rimettiamoci insieme in cammino, oggi, sulle tracce di quelle parole e di quel sogno!