Domenica 14 aprile 2019

Dal vangelo secondo Luca  (Lc 19,28-40)

In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”».
Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».
Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:
«Benedetto colui che viene,
il re, nel nome del Signore.
Pace in cielo
e gloria nel più alto dei cieli!».
Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».

Perseveriamo accanto a Gesù

A cura di don Edoardo Algeri, presidente della Confederazione italiana dei Consultori familiari di ispirazione cristiana.

“Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove”. Gesù rivolge queste parole ai suoi prima di entrare nel mistero della passione e morte. Queste stesse parole le dice anche a noi, discepoli di oggi, alle soglie di questa nuova celebrazione della sua pasqua. Parole improntate alla gravità – l’ora è giunta, è vicinissima -, a una certa malinconia – tanti l’hanno abbandonato -, parole improntate anche alla gioia di chi sta per realizzare un grandissimo desiderio.
Gesù l’aveva confessato: è con desiderio ardente che aveva desiderato mangiare quella Pasqua con i suoi discepoli, prima di entrare nella passione. E viene già evocato il futuro che seguirà a quelle prove: a coloro che hanno perseverato con lui il Padre affiderà il suo regno e mangeranno e berranno alla sua tavola. Uno spiraglio della luce di pasqua si lascia intravvedere qui, almeno per Gesù, al di là della notte della passione.
Per il momento non ci siamo ancora arrivati, e neanche Gesù. Il suo ardente desiderio di non essere il solo a bere il calice, di attirare uomini dietro di sé sul cammino che aprirà attraverso la sua morte, questo desiderio dovrà prima essere messo alla prova, e crudelmente frustrato. Senza parlare poi di quello che è il nostro desiderio di oggi, per il momento ancora abbastanza mediocre, null’altro che una velleità, una ventata di generosità, un semplice fuoco di paglia come le parole di Pietro: “Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte”.
Ma una grande sorpresa attende Pietro in quella notte, prima che il gallo canti.
E una grande delusione attende Gesù, a pochi passi da lì, solo qualche istante dopo, lui che aveva contato sui discepoli perché fossero presenti, con lui. Purtroppo lo stesso accade anche oggi. Nei discepoli più vicini a lui, che trova addormentati, Gesù intravvede il lungo corteo degli altri, dei migliori di tutti i tempi. Tener duro con Gesù nella prova, vegliare e pregare con lui nella tentazione nell’agonia, sono così poco alla nostra portata che persino l’ardente desiderio di Gesù non è sufficientemente contagioso. Gesù lo sa e lo confessa: “Lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Matteo 26,41). E lo sa per esperienza personale, perché la carne di Gesù non è diversa dalla nostra, ed è abitata, come quella di tutti gli esseri umani, dallo stesso conflitto, quello di cui Paolo a sua volta darà testimonianza: “La carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne (Galati 5,17). Gesù parla per esperienza, ma un’esperienza che sfocerà nella vittoria della sua pasqua. Infatti è proprio nella debolezza della sua carne che Gesù è stato messo a morte, ma per essere eternamente vivente dallo Spirito. È nella debolezza della sua carne di uomo che lo Spirito di Gesù ha dispiegato in pienezza l’onnipotenza del Padre.
Alle soglie della celebrazione liturgica di Pasqua, siamo invitati ancora una volta a perseverare accanto a Gesù, dimorando accanto a lui nelle sue prove sino alla morte, per poter prendere parte alla sua pasqua. Ci vuole coraggio!
La debolezza di Gesù è la nostra, perché la nostra debolezza è stata anche la sua. Ma anche la sua forza può essere la nostra, perché non si dispiega pienamente che nella nostra debolezza: “Tutto posso – diceva Paolo – in colui che mi dà la forza”
(Filippesi 4,13).