Domenica 7 ottobre 2018

DAL VANGELO SECONDO MARCO (MC 10,2-16)

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».] Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

LA COPPIA È CHIAMATA AD AMARE IN MODO IRREVOCABILE, COME DIO STESSO AMA

A CURA DI DON CLAUDIO ARLETTI, COLLABORATORE ACLI MODENA

Il divorzio in Israele, possibilità riservata solo all’uomo, anche per motivi banalissimi, era la consacrazione del provvisorio e la distruzione di quella definitività che è la forma della vita adulta. Il nostro attaccamento al provvisorio, all’episodico non è molto diverso, nel suo nucleo, dallo spirito che consentiva il divorzio in Israele. Giunge necessariamente un momento nella vita, in cui la sequela evangelica non passa più attraverso la presenza attiva nella comunità ecclesiale, per quanto necessaria, ma attraverso delle scelte di vita. Quando si investe sul provvisorio senza il coraggio di costruire il definitivo, nessun cammino cosiddetto spirituale risulta più soddisfacente o degno. Arriva infatti il momento di dare un volto alla chiamata che il Signore certamente rivolge a me e all’altro. Quando il partner è usato e non amato davvero, la fatica a sposarsi è sempre sorella della fatica a lasciarsi. Domina e prevale la paura della solitudine, non il desiderio del dono. Tutto questo genera fidanzamenti interminabili e matrimoni già pericolosamente instabili al loro nascere.

Tornando al testo, Gesù coraggiosamente rievoca la legge mosaica sul divorzio e la interpreta come una denuncia intorno alla durezza del cuore umano. È lo stesso termine – «durezza» – utilizzato in Mc 16,14 per alludere all’incredulità dei discepoli davanti al mistero del Risorto. Anche nella relazione, in fondo, c’è una durezza che si manifesta nel non riconoscimento dell’altro. L’altro è la parte di Dio che mi manca. Non è mai un passatempo, un riempitivo o qualcosa di strumentale. Il

divorzio in Israele era il misconoscimento dell’identità della donna e della sua dignità. Era una forma di cecità, come quella degli Undici davanti al Risorto.

Certe leggi non riconoscono un diritto. Ma denunciano una violenza. La legge sul divorzio in Israele era una legge di questo tipo. Alcune consuetudini, anche nella coppia, per quanto ormai affermate da anni, considerate pacifiche e sacrosante, sono il riconoscimento della sopraffazione e del diritto del più forte. Il più forte, ossia il meno innamorato dei due impone all’altro i propri ritmi e le proprie scelte proprio giocando sulla maggiore facilità con cui sarebbe disposto ad interrompere il rapporto rispetto a chi è più preso e dipendente.

Gesù vede un deterioramento del principio originario nella consuetudine del suo popolo. La dignità del nostro prossimo si perde quando dimentichiamo il progetto al suo nascere. Tale progetto, «in principio», è trinitario. L’insistenza sull’«una carne sola» non è altro che il sigillo della comunione che regna fra le tre persone divine. L’uomo e la donna, insieme, uniti per sempre, nella comunione sessuale, sono l’immagine più fedele possibile del Dio trinitario. La coppia è chiamata ad amare in modo irrevocabile, come Dio stesso ama. Se ciò appare come una impresa impossibile, non dimentichiamo che nessun uomo rifiuterebbe questo stesso dono: una dichiarazione reale di amore eterno e incondizionato.