Domenica 8 settembre 2019

Dal vangelo secondo Luca (Lc 14, 25-33)

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il
lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora
lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

La sequela: una scelta difficile

A cura di don Franco Appi, accompagnatore spirituale Acli Forlì-Cesena

Siamo nei capitoli del viaggio di Gesù a Gerusalemme che, nel vangelo di Luca, sono una decina. Durante il viaggio il Signore fa pochi miracoli e molti insegnamenti. Nella pericope che ci è offerta egli sta andando verso Gerusalemme dove lo aspetta la settimana di passione. Non solo lui stesso l’aveva annunciato, ma altri glielo avevano detto (farisei in Lc 13,31). Gesù, dunque, sente la tensione di ciò che lo attende, la sua determinazione aumenta e diventa una condizione anche per chi lo vuole seguire. Farlo, lui avverte, diventa più arduo e occorre saper discernere le proprie forze. Da qui il significato delle due parabole sia del costruttore della torre sia del re che va in guerra. Per questo è necessario che la “folla numerosa” che lo segue si renda conto. Nella mente dell’evangelista, quando scrive attorno agli anni ottanta, la folla che segue Gesù probabilmente indica coloro che sono affascinati da Gesù e dalle sue parole e opere, mentre la persecuzione nei confronti dei seguaci di Cristo chiede una scelta difficile. Seguire Gesù poteva significare dover rompere rapporti sociali e famigliari. Anche l’attaccamento agli averi, che venivano confiscati ai cristiani, non può essere maggiore che la volontà della sequela. Questo il senso della richiesta di un amore maggiore verso di lui di quello verso i propri famigliari e perfino della propria vita. Per noi significa che quella della sequela è la scelta prioritaria e le altre vanno subordinate. Si parlava tempo fa dell’opzione fondamentale. In particolare il portare la croce per essere discepoli, che all’epoca poteva significare davvero di seguire il destino di Gesù crocifisso, oggi per noi può indicare la necessità di affrontare i problemi che la storia ci propone, senza poter contare su interventi miracolistici di Dio che risolvano le situazioni. È la nostra responsabilità a entrare in gioco. La preghiera, che chiede aiuto al Signore nelle difficoltà, otterrà una maggiore determinazione a seguire Gesù facendoci carico della croce, cioè delle difficoltà che la storia ci fa incontrare.