Due bandiere. Il 21 ricordiamo che l’identità europea è plurale

L’identità è il tema di questi anni, lo dicono un po’ tutti. Sono in tanti a cogliere il desiderio dell’uomo contemporaneo di appartenere ad una matrice che ci renda tutti uguali, tutti parte di un qualcosa di grande, di un’idea, di un territorio, di una religione… Essere italiani o bresciani, della contrada della civetta o del drago, di destra o sinistra, cattolici o musulmani sono fatti importanti, che aiutano ad orientarsi, a disporre di criteri di giudizio già ben formulati sulla realtà, anche quella quotidiana. Questa premessa ci serve per dire che in un mondo molto complesso e complicato, spesso frammentato, avere un’identità chiara aiuta.

Una sola? Ormai da secoli siamo abituati a far sintesi tra più di una identità, perché di fatto la nostra vita si svolge tra più comunità, tra diverse appartenenze più o meno compatibili: si può essere cittadino romano ed europeo, ci si può scoprire cattolici e di sinistra. Per quanto sia ragionevole pensare che alla fine ogni persona sceglierà un’identità prevalente a cui le altre si integreranno, dobbiamo però prendere atto che una sola identità non riesce a contenere tutto. L’identità europea è fatta così, è larga, è plurale. La radice cristiana è fortissima, bisogna riconoscerlo con serenità, ma non è la sola.

L’identità europea è aperta, perché è quella dell’incontro e del confronto, della contaminazione e della distinzione, del sacro e del profano, del riconoscimento dei diritti dell’uomo e della comunità. È l’Europa dell’uomo, dell’umano, dell’umanesimo, della Città dell’uomo. Per questa Europa, il 21 marzo si esporranno le bandiere dell’Unione europea e d’Italia. Due bandiere assieme, non una: sono il simbolo dell’unità del popolo, a garanzia dell’inclusione di tutti; della solidarietà, sostenuta con convinzione, nonostante minacce e difficoltà; del progresso, realizzato con l’ingegno e il lavoro di tutti e per tutti; della partecipazione, per contrastare ogni deviazione del potere; della democrazia, per il futuro e la libertà delle giovani generazioni; della pace, che si consolida con il dialogo e il rispetto tra i popoli; dell’identità di un’intera comunità che confida nella legalità, nella multiculturalità, nell’umanesimo condiviso. C’è chi sottolineerà che il 21 è il primo giorno di primavera e chi invece ricorderà la nascita di San Benedetto e chi farà memoria dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. È la nostra storia ad aver creato queste date. Allora ciò che conta è tenere insieme, fare sintesi tra più cose, tra più radici, purché abbiano la persona al centro. Potremmo concludere così: ci sono identità esclusive e chiuse ed identità inclusive e aperte. Il 21 si manifesta per queste ultime.

Roberto Rossini