II Domenica di Quaresima

Domenica – 12 marzo 2017 – Anno A

Parola del giorno: Gn 12,1-4a; Sal 32; 2 Tm 1,8b-10; Mt 17,1-9

 

DAL VANGELO SECONDO MATTEO (17,1-9)

 

1Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. 5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”. 6All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: “Alzatevi e non temete”. 8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. 9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: “Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti”.

 

COMMENTO AL VANGELO

a cura di don Marco Cagol, accompagnatore spirituale Acli Padova

 

Domenica scorsa abbiamo contemplato Gesù che veniva “condotto” dallo Spirito nel deserto. 

Oggi contempliamo Gesù che “conduce” Pietro, Giacomo e Giovanni in disparte, su un alto monte. Si compone così, in questi due quadri quaresimali, l’intento di Dio: farsi uomo e scendere negli “inferi” dove l’umanità lotta contro il male; e prendere per mano l’uomo per condurlo su, con sé, dove brilla la luce, dove si scorge il senso di tutta la storia, dove si ode la voce stessa di Dio, e dove regna la pace.

 

Il gesto di Gesù e lo squarcio verso il mistero di Dio svelato, sono un grande segno della delicatezza del Figlio di Dio verso coloro che ha scelto come suoi discepoli, e verso l’umanità intera. È il dono che rafforza l’uomo nel suo cammino terreno, e che lo aiuta a sperare la vita oltre le contraddizioni della propria esistenza.

 

Il cristiano così è l’uomo che spera, perché ha avvertito la presenza di Dio, perché ha ascoltato la sua voce, perché si fida della Parola che viene da Lui. È l’uomo che spera perché sperimenta la consolazione e la presenza dello Spirito in Lui.

 

La speranza cristiana non è però una fuga dal mondo. Gesù non dà corso al desiderio dei discepoli di stare sul monte, ma li invita ad alzarsi, a non temere, a scendere e vivere nella storia, nel tempo, nella contraddizione, custodendo dentro di sé la certezza di quella visione, ma senza cercare scorciatoie nel cammino, senza scansare i tortuosi sentieri della vita.

Il cristiano spera nella vita eterna con Dio; e, nella fede, ogni giorno, mediante la preghiera, la liturgia e i sacramenti, gusta un anticipo di questa vita eterna. Ma questa speranza trascendente ha un immediato risvolto storico. Il cristiano è chiamato ad infondere una speranza anche immanente. 

 

Il Vangelo, la Parola che gli è consegnata è una parola che ha in sé la forza di trasformare la storia. Essa è una Parola che inizia toccando il cuore, convertendolo dall’egoismo all’amore, e che dal cuore dell’uomo si dilata a trasformare ciò che l’uomo vive al di fuori di sé, in particolare le relazioni con gli altri, sia micro sia macro. E così l’annuncio del Vangelo diviene «la proposta del Regno di Dio (Lc 4,43); si tratta di amare Dio che regna nel mondo. Nella misura in cui Egli riuscirà a regnare tra di noi, la vita sociale sarà uno spazio di fraternità, di giustizia, di pace, di dignità per tutti» (Papa Francesco, Evangelii Gaudium 180).

 

L’icona della Trasfigurazione ci fa intuire che questa forza per trasformare la storia noi l’attingiamo dall’alto, da quell’alto dove Dio vuole continuamente condurci, dopo essere sceso nel nostro “basso”. La capacità di trasformazione del mondo è dunque anzitutto una questione spirituale. 

 

Spesso oggi si sentono tante voci invocare l’emergenza della “questione morale”, o della “questione dell’etica pubblica”. Tutto vero. Ma non è che per caso più radicalmente oggi siamo di fronte ad una “questione spirituale”? Dov’è oggi lo spirito dell’uomo? Dove si alimenta? Dove riposa? Dove attinge forza l’uomo?

 

La nostra storia sembra aver bisogno certamente di uomini rinnovati nella loro dirittura morale; ma forse ancor di più di uomini “spirituali”, capaci di rileggere la storia e starci dentro a partire da una esperienza interiore ed esistenziale che sappia nello stesso tempo immergersi in ogni piega della storia e trascendersi verso l’orizzonte assoluto di Dio. Niente di meno.