In ricordo di Gianna Bitto

Ho conosciuto Gianna nel lontano1974 quando entrai a far parte della segreteria nazionale di Gioventù Aclista. Lei , già nel 1968, aveva assunto l’incarico della Commissione Femminile delle Acli.

Poi c’erano stati gli anni di grande fermento in cui prima si decise l’autonomia del Movimento (congresso del 1969) e poi si teorizzò (convegno di studi 1970) l’ipotesi socialista come alternativa al capitalismo.

Gianna era allora nel Consiglio Nazionale e strenua sostenitrice del cammino intrapreso anche quando negli anni successivi il presidente Emilio Gabaglio fu portato a dimettersi per pressione della Gerarchia  ecclesiastica e  successiva deplorazione di Papa Paolo VI.

Le Acli avevano già subito due scissioni ma il gruppo della svolta decise di continuare la sua battaglia di minoranza, stando all’opposizione.

La conoscenza prima e l’amicizia dopo nacque nel corso delle riunioni clandestine, che si tenevano regolarmente, tra le due componenti che fecero questa scelta. Gianna era schierata con la componente più “moderata” intorno alla figura dell’ex Presidente Gabaglio,  io e l’intero gruppo di gioventù aclista eravamo su posizioni più radicali e ci ritrovammo nella componente della sinistra che faceva capo a Geo Brenna.

Ritrovata l’unità d’intenti  tra le sinistre acliste anche tra le persone che ne facevano parte si intensificarono le relazioni. Le nostre abitazioni divennero luoghi abituali di ritrovo dove la convivialità e la politica si intrecciavano e ci facevano sentire protagonisti di un periodo “eroico”, sempre più convinti della validità della nostra causa.

Gianna, aveva circa il doppio dei miei anni, ma la differenza generazionale non fu un ostacolo a stringere forti legami. Ben presto l’amicizia si estese alle rispettive famiglie e tra siciliani e sardi cominciarono gustosi scambi culinari  e culturali.

Gianna, per quanto romana di adozione, veniva da Messina e con la sua terra manteneva scambi costanti come del resto facevo io, nonostante gran parte della famiglia si fosse trasferita a Roma pochi anni dopo il mio arrivo nella Capitale

Lei a quei tempi guidava una Lancia  Fulvia Coupé, decappottabile.  Una macchina sportiva era il massimo di libertà per una donna. E così cominciai a capire che questa donna era piuttosto avanzata in tanti campi dell’emancipazione femminile, sempre pronta a far sue le battaglie che facevano avanzare la condizione delle donne e i loro diritti. Abbiamo percorso insieme piazze e vie schierandoci per il NO nei referendum sul divorzio e sull’aborto, come tanti altri cattolici. Abbiamo scioperato con gli operai in lotta per il lavoro, abbiamo dato sostegno agli esiliati cileni, abbiamo manifestato tante volte per la fine della guerra in Vietnam.

Impossibile ricordare ora sull’onda emotiva quanto intenso fu l’impegno sociale e civile di quegli anni.

Come persona Gianna ha lasciato segni indelebili in quanti l’hanno conosciuta. Il suo sorriso sapeva sempre di accoglienza e la sua risata esprimeva la sua gioia di vivere e questa era contagiosa. Fare festa per Gianna era il momento più alto della convivialità. Che fosse carnevale o altre allegre ricorrenze sapeva sempre inventare qualcosa di coinvolgente, ballare, cantare, fare giochi. Anche i viaggi con lei diventavano un’esperienza unica.

È sempre rimasta legata alle ACLI, il suo Movimento e non ha mai perso nessuna occasione, quando già molto anziana, per rievocarne la storia, festeggiarne ricorrenze, commemorarne i morti.

Oggi siamo in tanti, di tante generazioni acliste, a piangere la sua perdita ma convinti che da lassù potrà dire “ confesso che ho vissuto”.

Dolores Deidda