La Campagna nazionale “Io accolgo”: una risposta all’ossessione securitaria.

I motivi che spingono 42 associazioni laiche e cattoliche a promuovere una Campagna di sensibilizzazione e di proposta sui temi dell’accoglienza dei migranti sono più profondi di una presa di posizione pubblica contro politiche sbagliate e incapaci di una prospettiva futura. Soggiacciono, all’avvio di un impegno comune così importante per organizzazioni storiche e movimenti del volontariato, ragioni più profonde che non si accontentano di rimanere sulla linea di galleggiamento di un dibattito fuorviante e speculativo. Con questi intenti nasce la Campagna “Io accolgo”, con la volontà di rispondere in primis all’urgenza di non consegnare il dibattito pubblico e la narrazione sull’immigrazione a un’Italia e a un’Europa non rappresentative della loro storia e del presente che prende forma in un’ossessione securitaria senza eguali dal Dopoguerra ad oggi. L’assillo della sicurezza e della demarcazione dei confini, sembra essere una delle psicosi del secolo dalla quale non riusciamo a liberarci. È questo nuovo tormento epocale il padre e l’alleato migliore di chi chiede maggiore sicurezza e di chi maneggia con padronanza l’argomento per capitalizzare consensi. A ragione o a torto, l’unica risposta che i governi europei e quello italiano sembrano trovare nei confronti di persone che emigrano da paesi distrutti dalle guerre e dalle tirannie, è il respingimento senza appello. La sensazione che si materializza nelle determinazioni e nelle non scelte politiche e legislative, è che da circa un ventennio anziché combattere la povertà e l’esclusione sociale, si è passati a combattere i poveri, i diseredati e, soprattutto, gli immigrati, alimentando il mantra della sicurezza e del decoro. E dire che qualche secolo di battaglie per la giustizia sociale e la Costituzione ci avevano inequivocabilmente insegnato che i veri elementi di una società indecorosa erano e sono proprio la povertà e l’esclusione. I migranti, ossia coloro che arrivano dalle aree periferiche del mondo, diventano il perfetto capro espiatorio su cui catalizzare i problemi economici, ambientali, politici e sociali che l’Occidente non è più in grado di gestire, perché incapace di cambiare fino a criminalizzarla, prima a suon di tweet, poi attraverso i vari decreti sicurezza uno e bis. Infatti, il legame fra immigrazione e sicurezza, che risiede più nell’immaginario che nella realtà dei fatti, produce risultati straordinari a chi usa le paure.

Per questo siamo convinti che serva un nuovo racconto sulle migrazioni, scritto con rigore e serietà e, possibilmente, da mani che hanno saputo tendersi verso l’altro in segno di accoglienza e rispetto. L’Europa, dal canto suo, è rimasta muta. Anzi, quel poco che ha proposto e fatto ha reso carta straccia i grandi ideali europei, nati sulle ceneri del terribile secondo Dopoguerra. La gestione dei rapporti euro-africani in merito alla questione immigrazione ha mostrato tutta la fragilità di quella parte del mondo che sembrava aver fondato la sua identità sulla civiltà del diritto, sulla libertà e sull’uguaglianza. L’orientamento securitario delle politiche migratorie europee, tanto internamente che esternamente, di fatto, ha prodotto importanti contraddizioni fra pratiche di controllo dei flussi e il rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali in materia di asilo, intorno al quale l’Unione ha creato la sua immagine in termini di “potenza civile”. Sono, infatti, proprio le misure di sicurezza preventiva, il cui obiettivo è di impedire ai migranti di arrivare sulle nostre coste, che rendono fragile l’accesso alla protezione internazionale e accentuano la vulnerabilità dei migranti che, non avendo la possibilità di raggiungere regolarmente le nostre terre, sono necessariamente consegnati alle mafie e agli scafisti, con tutto quello che ne consegue. A tutto ciò e ai nuovi muri culturali prima ancora che di cemento o di filo spinato, occorre rispondere con decisione e fermezza riannodando i fili di un lavoro silenzioso e lungo che movimenti, associazioni del volontariato e singoli cittadini hanno costruito in questi anni, fuori dal clamore dei media. Le campagne antirazziste, la proposte di legge per il riconoscimento del diritto di cittadinanza ai bambini con genitori di origine straniera, la modifica della legge Bossi Fini contenuta nella Campagna “Ero straniero. L’umanità che fa bene“, fino alla raccolta di firme per un Ice europea che tutelasse i migranti e decriminalizzasse la solidarietà, vanno tutte nella direzione di una società civile italiana e europea, seppure costantemente sotto attacco, ostinata a raccontare un’altra storia delle migrazioni legata a tutt’altri valori.

La campagna “Io accolgo”, lanciata il 13 giugno scorso a Roma in una Piazza di Spagna occupata da manifestanti che hanno indossato una coperta termica in segno di solidarietà con i naufragi del Mediterraneo, nasce dalla sintesi di due proposte: l’una elaborata dal Tavolo Asilo nazionale e l’altra dalla rete Europasilo (rete di enti e realtà territoriali che si occupano di accoglienza dei richiedenti asilo e titolari di protezione). La Campagna è rivolta a singole persone, a enti pubblici e organizzazioni della società civile. Come segno di un’Italia che accoglie e che resiste all’idea che l’unica politica giusta sia quella dei respingimenti, viene chiesto di firmare un appello e rendersi riconoscibili esponendo o indossando uno degli oggetti simbolo della Campagna. Nella sua articolazione territoriale, sostiene la promozione di comitati aperti alle organizzazioni promotrici e ai cittadini per diffondere le ragioni di fondo e le buone prassi che in tutto il paese ogni giorno raccontano fatti di solidarietà e accoglienza. È certamente un’occasione per dibattere, incontrare e discutere nelle piazze, come nelle scuole e nei luoghi dell’impegno civile, d’immigrazione fuori dal clamore dei comizi di parte. È la modalità attraverso la quale le organizzazioni promotrici provano a “ridurre il danno” prodotto dall’impatto del decreto sicurezza che, contrariamente al suo principio ispiratore, aumenta l’insicurezza di tutti. Nei suoi obiettivi organizzativi, risponde al bisogno di raccogliere e mettere in rete sistemi territoriali di prossimità connettendo migranti e “cittadini solidali” per la promozione di azioni comuni. Non ultimo è il tentativo di provare a tutelare i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici dell’accoglienza messi sotto accusa. Una Campagna che sceglie di accogliere piuttosto che respingere, avendo tre obiettivi, a mio parere fondamentali, per le prospettive di sviluppo di medio e lungo tempo: dare visibilità a tutti quei cittadini solidali che, nel mare magnum della paura incitata, spariscono senza avere l’opportunità di manifestare che un’altra via è possibile; promuovere il protagonismo dei migranti invitandoli a prendere parola e a partecipare raccontando in prima persona cosa avviene in Libia e nei viaggi della speranza e, prima ancora nei loro paesi d’origine, quali i motivi che li spingono a partire e le condizioni in cui si trovano a vivere una volta arrivati in Europa, dove spesso sono sfruttati e costretti a una esistenza da “invisibili”, in condizioni di estrema precarietà sociale ed economica. E infine provare a sensibilizzare i moderati disimpegnati, ossia quelle persone che non condividono esplicitamente le politiche anti-migranti, ma che non si mettono in gioco per contrapporre una visione diversa, scivolando nell’indifferenza.

In “Odio gli indifferenti” Gramsci diceva “ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare,…”. Ed è proprio contro questo pericoloso laissez-faire che papa Francesco ci stimola ad essere protagonisti del nostro destino, lottando contro la “globalizzazione dell’indifferenza”. Lo abbiamo già detto, la narrazione sui migranti è fuorviante. La loro condizione viene ignorata nella fretta di non andare alla radice della questione, disegnandoli come una minaccia da cui difendersi, esattamente come in altri tempi cupi e bui della storia dell’umanità. È un film che abbiamo già visto. Chi ha promosso la Campagna “Io accolgo” pensa che l’indifferenza non debba vincere sulla possibilità di un cambiamento che si gioca sulla pelle delle persone. Altresì siamo convinti che non è come qualcuno la dipinge così nera la notte. Che il Paese ha risorse civili e di civile resistenza oltre che un antico sedimento di umanità e solidarietà che nessuna strategia politica potrà cancellare. Non nel nostro nome e con il nostro silenzio si useranno gli esseri umani per qualche calcolo di contabilità elettorale. Noi ci saremo, anche a obiettare contro leggi ingiuste che, oltre a porre una questione di coscienza, sfidano il diritto internazionale e ancor più la Costituzione della Repubblica. Siamo certi che a percorrere la strada dell’accoglienza e della tutela della dignità umana saremo in molti.

 

Antonio Russo
Consigliere di Presidenza nazionale Acli con delega all’immigrazione