Le 7904 diseguaglianze dell’emergenza Covid 19

L’emergenza non massifichi la povertà e in nome della semplificazione non rimuova i vincoli di utilizzo della spesa pubblica e quelli di etica e solidarietà sociale.

 

Non bisogna rincorrere il consenso, facendo la gara a chi mette più soldi e a chi li dà più facilmente, la vera competizione è quella di aiutare efficacemente la gente in difficoltà, nuovi e vecchi poveri, partendo dalle reali necessità dei cittadini, utilizzando a pieno titolo le professionalità delle assistenti sociali e degli operatori del sociale, altrimenti smantelleremo i servizi sociali per come si sono evoluti e dopo l’emergenza torneremo a un sistema di assistenza e beneficenza, che dopo decenni di lavoro culturale avevamo abbandonato con grande sacrificio. Viviamo una condizione politica che l’emergenza non giustifica. Ogni Comune decide per sé, con potenziali disparità tra cittadino e cittadino, in base alla residenza. Allo stesso modo fanno le Regioni. Insomma, dopo le differenze tra i nord e i sud, su cui ci siamo sbrindellati a denunciare le disuguaglianze in questi anni di discussione su questione meridionale e federalismo, ora giustifichiamo in nome dell’emergenza il disordine amministrativo e sociale, lasciando alle buona volontà, alle competenze e alle sensibilità legittimamente differenti degli amministratori, la sorte dei cittadini amministrati, su diritti fondamentali come il diritto a mangiare. Mi auguro che subito si raddrizzi il tiro e ci siano criteri chiari per tutti i Comuni e per tutte le Regioni, perché i criteri per decidere quanto e perché dare un pacco o un buono spesa o un qualunque ausilio non può cambiare da Comune a Comune, creando 7904 condizioni diverse, tanti quanti sono i Comuni italiani. La presenza dei minori in un nucleo familiare o il numero di figli a carico, può essere ad esempio il minimo sindacale da cui partire. Subito Linee Guida comuni per tutti, lo dico da uomo che vive i servizi sociali e che ama il prossimo, che non ha residenza anagrafica. Lo Stato faccia lo Stato, non il vigile urbano che regola il traffico tra le Amministrazioni locali e Regionali. Democrazia non può voler dire disordine amministrativo. Grave che non si pensi almeno ad avere criteri comuni nella stessa Regione per tutti i Comuni che gli appartengono.


Gianluca Budano 

Consigliere di Presidenza Acli con delega Sanità e Famiglia