In occasione del Consiglio nazionale tenutosi lo scorso 28 maggio, il presidente nazionale Roberto Rossini ha preannunciato l’apertura di una fase di discussione sul tema della riforma costituzionale, nella consapevolezza che – al di là del ragioni del sì e del no – il referendum confermativo della riforma, indetto per il prossimo autunno, rappresenta comunque un’importante occasione per rifondare intorno alla Costituzione la cultura politica del Paese.
In occasione della prima Direzione nazionale (16 giugno 2106), le Acli avviano questa riflessione con la relazione del prof. Marco Olivetti, docente di Diritto costituzionale.
Contestualmente, la funzione Relazioni istituzionali della Presidenza nazionale ha predisposto un approfondimento che, avvalendosi di numerosi contenuti ipertestuali e di alcune infografiche, sintetizza le principali novità introdotte dal ddl di revisione della Parte II della Costituzione e ne ripercorre l’iter legislativo.
Come è noto il cosiddetto ddl Boschi, prevede tra le varie misure il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e delle province quali enti costitutivi della Repubblica, un nuovo sistema di soglie di maggioranza per l’elezione del Presidente della Repubblica e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione.
Il provvedimento è stato approvato da entrambe le Camere, in seconda deliberazione, a maggioranza assoluta dei componenti e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 aprile 2016.
La procedura utilizzabile per modificare la Costituzione impone, infatti, che il Parlamento voti un testo identico per quattro volte. Di fatto, però, le letture sono ben più di quattro dal momento che la cosiddetta “navetta” tra le due Camere va avanti finché non si giunge a un uguale articolato definitivo, anche se ogni volta il voto della Camera successiva è limitato esclusivamente alle sole parti modificate dall’altra.
Secondo l’art. 138 Cost., per le prime due deliberazioni (conformi) il voto è a maggioranza semplice, come avviene per le leggi ordinarie; mentre nelle successive due deliberazioni, anch’esse conformi, il testo è votato nel suo complesso (senza emendamenti) e la legge di revisione costituzionale è approvata in via definitiva se in ognuna delle due assemblee la maggioranza raggiunge i due terzi dei suoi componenti. Se invece a legge viene approvata con la maggioranza assoluta (la metà più uno dei componenti), la revisione può essere sottoposta a referendum confermativo. Il referendum può essere richiesto da un quinto dei deputati, da un quinto dei senatori, da cinquecentomila elettori o, infine, da cinque Consigli regionali ed è approvato dalla maggioranza dei voti validi (non è cioè previsto un quorum di votanti). A vincere il referendum sarà semplicemente l\’opzione più votata tra \”sì\” e \”no\” alla conferma della legge. Nel caso invece di mancata indizione del referendum – ma non è questo il caso – la legge è promulgata dopo tre mesi dalla sua pubblicazione.
In seguito alla pubblicazione del testo di legge costituzionale in Gazzetta Ufficiale, sia i parlamentari dell’opposizione che della maggioranza hanno depositato presso la cancelleria della Corte di Cassazione le firme necessarie ad attivare la procedura di referendum popolare. Allo stesso tempo, sia gli schieramenti favorevoli che quelli contrari alla riforma hanno promosso la raccolta di firme popolari per il referendum.
Le ragioni del sì e del no al referendum saranno ulteriormente affrontate sul sito www.benecomune.net che pubblicherà alcuni interventi di approfondimento.