“Tra alti e bassi” di Clarissa Fois

Ecco, ci siamo! Inizia il conto alla rovescia. Tra pochi giorni molte restrizioni verranno rimosse, potremo fare qualche passo fuori casa, in punta di piedi, senza esagerare. La libertà ora più che mai ha un peso unico ed insostituibile.

Al giorno d’oggi niente è più dato per scontato, tutto ci si aspetta da questo presente mai stato così incerto. Ma facciamo un passo indietro, al 9 marzo precisamente. Il Presidente del Consiglio da lì per diverse settimane apparirà in televisione, un appuntamento fisso a cadenza settimanale, al quale nessuno in casa può mancare. Dalle conferenze stampa a tratti rassicuranti, ma soprattutto imprevedibili, ci si ritrova dinanzi a degli eventi mai vissuti prima.

Il famoso Decreto “io resto a casa” sarà quello nel quale verrà previsto e subito dopo imposto l’isolamento, entro le mura di casa, di tutti gli italiani.

L’incertezza e la confusione fanno da padroni in questo presente mai stato così tanto ostile. L’avvento di un qualcosa di cui molti di noi non avevano mai sentito parlare, neanche tra i banchi di scuola, è la prova di quanto eventi affini passati siano stati sottovalutati o semplicemente attribuiti ad un’ignoranza di conoscenze mediche ormai pensata superata.

La libertà alla quale siamo sempre stati abituati, da un giorno all’altro è venuta a mancare, a causa di un essere invisibile del quale si conosce solo la forma. Qualcosa è cambiato fuori e dentro di noi, è cambiata la nostra spensieratezza, la nostra quotidianità, il nostro presente ed il nostro prossimo futuro.

Ricordo ancora la sensazione iniziale di smarrimento e del giorno in cui abbandonando l’ufficio, un po’ ingenuamente, pensavo che tutto si sarebbe risolto in poche settimane. Ricordo di essere stata in mezzo a quella moltitudine di persone convinte della propria immunità o di un’esagerazione mediatica. Ricordo anche però i video allarmanti provenienti dall’altro capo del Mondo, apparentemente così lontani. Ed infine, ricordo gli sguardi diffidenti ed ostili dei passanti, le lunghe file al supermercato e le chiamate apprensive della mia famiglia, mai stata così lontana. E poi, dopo quella famosa conferenza stampa, la clausura. Le poche uscite mensili che verranno sempre accompagnate dall’utilizzo di mascherina e guanti. Inizialmente eviterò di uscire. Meglio finire tutte le scatole presenti nella credenza e l’ultima goccia di crema rimasta in quel vecchio barattolo. Meglio non creare assembramenti inutili. I primi giorni, forse settimane, non mi faccio prendere dallo sconforto, ho finalmente di nuovo tanto tempo da dedicare a me, da mettermi alla pari con tutti quegli obiettivi e buoni propositi che mi ero prefissata già da tempo. Inizialmente l’ottimismo e l’avvento di questa realtà quasi surreale fan sì che i giorni siano tanto proficui.

L’Era tecnologico-digitale finalmente prende forma in tutte le sue rappresentazioni, la parola smartworking diventa di uso comune, donne e uomini si ritrovano a fare da genitori e lavoratori allo stesso tempo 24 ore su 24.

Io non mi posso certo lamentare, in fondo si tratta di una semplice amplificazione di quello che ho già passato sui libri di mille pagine studiati all’Università. Si dedica tanto tempo a noi, alle dolci riscoperte e agli affetti.

Passiamo ore al telefono con quell’amica che per troppi mesi abbiamo trascurato. Ci si sente un po’ come ai tempi della scuola, quando si era così spensierati e liberi da potersi dedicare interamente agli altri. Ma dopo quasi due mesi si perde tutta quella grinta e quella speranza che sino a quel momento fanno da padrone. L’assenza di contatto umano, sociale inizia a pesare. Le lunghe passeggiate tenendo la mano del mio Franci iniziano a mancare.

I capelli al vento, i raggi terapeutici di una primavera che stenta ad arrivare sembrano ormai un lontano ricordo. L’attesa si fa più pesante giorno dopo giorno. Ci si augura solamente una ripresa rapida ed effettiva di tutti e di tutto ciò che è rimasto bloccato sino ad ora. Spero di poter raccontare un giorno ai miei figli e nipoti di quello che è successo, perché la storia si ripete ciclicamente un po’ come la natura, un po’ come tutto l’Universo. 

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