Domenica 29 dicembre 2019

Dal vangelo secondo Matteo (Mt 1, 26-38)

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio». Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

La vera grandezza è appartenere

A cura di don Adelio Brambilla, assistente spirituale delle Acli di Lecco

Con il racconto della fuga e ritorno dall’Egitto, Matteo vuole, fin dall’inizio, inserire la vicenda di Gesù in una vicenda più grande, quella del suo popolo, a sua volta profugo in Egitto e liberato dall’Egitto. Sentirsi solidali con le vicende del proprio popolo! Questa intenzione che soggiace a tutto il mistero di un Dio che si fa uomo, dovrebbe farci pensare: noi forse stiamo perdendo questo senso di «appartenenza»; a volte immaginiamo e inseguiamo una grandezza che sta nel distinguerci: ci riteniamo grandi perché ci stacchiamo dagli altri o perché stacchiamo gli altri. Gesù ci insegna che la vera grandezza è «appartenere», è «essere solidali», assumere gli stessi destini.
C’è un’altra intenzione che soggiace al racconto della fuga e del ritorno dall’Egitto. Matteo vuole dire che le mire dei potenti vanno in frantumi. Erode viene giocato dai Magi, Erode viene giocato da un uomo giusto ma inerme, Giuseppe, perché c’è qualcuno che veglia anche nella notte, quando noi dormiamo. Il Dio custode, il Dio che veglia: su Gesù in fuga con Maria e Giuseppe, ma anche sulle nostre famiglie.
Cogliamo nel racconto della fuga in Egitto e del ritorno dall’Egitto anche qual è la parte dell’uomo. Giuseppe, l’uomo giusto, è quasi un simbolo della parte dell’uomo, di ciò che spetta all’uomo. Innanzitutto ascoltare, ascoltare nella notte i sogni. «Apparve in sogno» è scritto. Ascoltare la voce nel silenzio è una prima cosa che tocca all’uomo, alle nostre famiglie. Una seconda cosa tocca a te, come toccò a Giuseppe: Dio dà la direzione, poi ci tocca studiare le strade, evitare le trappole, prendersi cura della donna, del bambino. Diventare un custode, come lo è Dio per ciascuno.