Domenica 4 novembre

S. Carlo Borromeo

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12, 28-34)

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Che cosa è davvero prioritario nella vita?

A cura di don Claudio Arletti, collaboratore Acli Modena

L’esordio dello scambio tra Gesù e lo scriba protagonista dell’odierna pagina evangelica stupisce per la sua immediatezza. Non sentiamo risuonare titolo alcuno, a differenza degli episodi precedenti. Pensiamo all’uomo ricco di 10,17 («maestro buono») o ai farisei ed erodiani di 12,14 («maestro, sappiamo che sei veritiero e che non guardi in faccia a nessuno») o ai sadducei nella pericope immediatamente precedente la nostra (12,18: «maestro»). È come lo scriba, udita la fine risposta di Gesù gli offrisse un profondo pensiero del cuore, una sorta di riflessione a voce alta, una domanda tanto cara quanto impegnativa. Possiamo ben capirlo. Ogni uomo, laico o credente, ogni giorno semplicemente con la propria vita risponde alla domanda intorno al primo dei comandamenti. È possibile, infatti, riformularla anche così: che cosa è davvero prioritario nella vita? Per il fatto stesso di scegliere esercitando la propria libertà e di stabilirla gerarchie tra impegni e doveri, non v’è persona che non offra una risposta al quesito dello scriba. Il problema è universale, non certo proprio solo di uomini religiosi.

Se poi temiamo i comandamenti di Dio per la loro durezza o assolutezza, sappiamo bene che è possibile darsi da sé imperativi molto più aspri, comandamenti a cui si rimane fedeli sempre e ad ogni costo, anche se ciò comporta gravi sofferenze per chi ci sta intorno. Pensiamo a uomini che decidono in cuor loro di dare l’assoluta priorità al proprio lavoro o al guadagno. Pensiamo a chi si infila in veri e propri tunnel affettivi o esistenziali in nome di una fissazione o di una passione incontrollata che detta legge su tutto il resto della vita, creando pesanti cortocircuiti. Uno dei primi esiti di tali cortocircuiti è spesso la chiusura della persona che non accetta altro pensiero o altra parola che la propria, rafforzando con vani ragionamenti le proprie dannose convinzioni.

Non ci meraviglia, allora, che la risposta di Gesù allo scriba inizi con due semplici parole: «Ascolta, Israele». La prima necessità, quando vogliamo uscire da situazioni difficili che abbiamo creato con la nostra ostinazione è proprio l’ascolto di Dio tramite la sua parola. Servono pensieri nuovi, serve una forza che ci liberi da pregiudizi e illusioni. È esattamente il passo con cui lo scriba ha iniziato ad avvicinarsi a Gesù. Il v.28, inspiegabilmente tronco nel lezionario domenicale, recita infatti così:« Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”». Il primo atto dello scriba è ascoltare la discussione precedente, non priva di ostilità, e giudicare positivamente la risposta di Gesù, comprendendo, al di là della posizione dei suoi correligionari il valore del rabbi che gli sta di fronte. È questo che lo spinge a porgere a Gesù una domanda così centrale. Lo scriba, anzitutto, si è posto in atteggiamento di libero ascolto.