Domenica 8 luglio 2018 anno B

LETTURE: Ez 2,2-5; Sal 122; 2 Cor 12,7-10; Mc 6,1-6

Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.

Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.

Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.

Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

‘‘Testimoniare con gioia la resurrezione di Cristo‘‘

A cura di don Riccardo Donà, accompagnatore spirituale ACLI Trieste

In questa domenica Ezechièle ci racconta con poche parole l’esperienza  di come egli diventò  profeta in Israele “Uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava” il profeta ascolta colui che gli parla il suo Signore. Poi va e annuncia al popolo ciò che ha ascoltato, non le sue parole ma la Parola.

Nel Vangelo il profeta è Gesù stesso, egli è la Parola che scandalizza gli abitanti di Nazaret “Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria”, per gli abitanti di Nazaret era difficile accettare un Profeta senza titoli, con un lavoro umile “operaio” in greco teknon, per i farisei gente da emarginare non brillano ne per istruzione ne per competenze.

Gesù si rivela si scopre, egli è venuto per salvare l’umanità cieca e assetata di Dio egli è un semplice figlio del popolo, i suoi parenti sono conosciuti, vivono la vita di tutti i giorni, a Nazaret egli non potrà fare miracoli se non a pochi, ai quali impose le mani e guariranno per la loro fede.

Anche noi diventati profeti con il battesimo siamo inviati per  annunciare con gioia la buona novella-il Vangelo come Gesù, missione che si realizza con le parole e la testimonianza della nostra vita, per alcuni fino alla morte nel martirio.

In ogni parte del mondo là dove siamo chiamati a scuola, all’università, per la strada, in viaggio per lavoro, o per una gita, sempre in ogni istante della vita, dobbiamo dare  testimonianza con gioia della Resurrezione di Cristo.

Oggi più che mai, in un mondo svuotato dei valori votato solo a guardare alle apparenze, alla esteriorità, alla bellezza effimera, siamo chiamati attraverso l’accoglienza la condivisione, l’amore che ci contraddistingue come cristiani, ad andare incontro a chi è rifiutato perché dorme lungo le nostre strade, non ha un posto dove andare, perché ubriaco o sporco, umiliato.

Questo ci ricorda quella parola greca “teknon” coloro che non contano nella nostra società non hanno fatto carriera non hanno quel piccolo segno, abbreviazione avanti al nome che indica loro che sono “arrivati”.

Non è stato riconosciuto Gesù neppure nella sua nascita a Betlemme, d’altra parte nascere in una stalla per uno che si reputa figlio di Dio….

È difficile essere testimoni dove ci conoscono bene, ed è per questo che bisogna tener presente che un profeta è un inviato il suo messaggio non gli appartiene, siamo rappresentanti di colui che ci invia Gesù.

Essere profeti, parlare a nome di Dio non padroni della Parola, ma servitori umili semplici, servi, lanciati nella più grande, umile semplice e gioiosa avventura divina cantando con il salmo “I nostri occhi sono rivolti al Signore”.