Il calvario nel presepio

A cura di don Antonio Agnelli, accompagnatore spirituale Acli Cremona

Tanto lo sappiamo, finirai sulla quella croce. L’unica realtà che gli occhi umani e i cuori induriti vedranno. Tu certo sei risorto e continui a starci accanto, anche se per vederti ora dobbiamo lasciare che tu ci ferisca dentro e da quella feritoia beata riconoscerti vivo in noi e fuori, nella carne macerata di ogni creatura piagata.

Per questo, caro Gesù, metterò nel presepio tante croci. In un recinto, oppure in fila a partire da lontano fino alla stalla, non importa.

Una per tutti i migranti umiliati, scacciati, non accolti, derisi e sfruttati. Quelli che abitano le nostre strade, quelli morti in mare, quelli lontani, che in file di sofferenza camminano per sfuggire a violenza e fame, in carovane di morte.

Una per tutte le vittime fatte a pezzi, calpestate, per le donne massacrate, torturate e fatte sparire come stracci senza valore.

Una per i giovani che non trovano lavoro, vittime delle droghe, storditi, emarginati, confusi, non guidati da adulti che altro non fanno che adorare il dio denaro, la fama, la bellezza, il piacere. Tutti col telefonino in mano, irretiti da falsi miti che fan credere liberi e ci rendono schiavi di idoli distruttivi.

Una per i morti sul lavoro, troppi, per gli sfruttati, i mal pagati. Defraudare la mercede agli operai è peccato che grida al cospetto di Dio.

Una per i bimbi non nati, soffocati dalla disperazione, da chissà quali drammi non capiti, o solo da egoismi inconfessati.

Una per famiglie spezzate, che lacerano relazioni, e costruiscono muri invisibili.

Una per gli innocenti che negli attentati hanno perso la vita a motivo di un odio cieco e insensato, che bestemmia il tuo nome santo per uccidere.

Una per le vittime delle guerre dimenticate, per i popoli crocifissi dilaniati da armi che anche noi costruiamo, che pacificamente accettiamo come realtà inevitabile, diventando complici di tanta ignominia.

Una per tutti gli impoveriti del mondo a cui diamo le briciole, come a Lazzaro mentre molti banchettano lautamente. È vero, dobbiamo produrre anche ricchezza, ma quella che già abbiamo è chiusa in forzieri con mille lucchetti che nessuno vuole aprire e condividere.

E poi un’altra croce là nell’angolo vicino al pastore, una qui di fianco all’angelo, e una davanti alla capanna e un’altra lì, dietro a Gesù bambino. Ce ne stanno ancora tante: per i malati, gli anziani soli, i disperati, i senza fissa dimora, e per tanti altri anche per me, anche per i carnefici la mettiamo, così vuole Gesù.

Sembra un brutto presepio, a molti non piacerà.

Ce la farai a portare tutte queste croci, tu bambino fragile, irresistibilmente debole e amabile?

La poesia del Natale è quasi scomparsa. Molti non lo guarderanno, anzi lo criticheranno. Ma noi sappiamo che tutte queste croci le hai fatte tue, tutte conficcate nel tuo cuore. E da quel cuore trafitto escono ancora sangue ed acqua, perché dissetandoci di te sappiamo anche noi, in questo Natale, e sempre, togliere dalla croce con il tuo stesso amore le vittime di questo mondo e ridare loro dignità e vita. Con te, Dio bambino, Dio crocifisso, Dio vivo e vero.