Lavoro, Acli: nessuno si salva da solo. Ripartiamo tutti insieme

Facciamo nostre le molte preoccupazioni del mondo del lavoro, oggi convocato dai sindacati in una mobilitazione nazionale, e rilanciamo il drammatico grido di giustizia di tanto sfruttamento che, ancora una volta in questi giorni ha il nome di un giovane immigrato: Camara Fantamadi, morto dopo una giornata di fatica nei campi. 

 

Ci uniamo alla richiesta di un nuovo patto sociale che ci aiuti a ripartire tutti insieme, nessuno escluso. Oggi  c’è bisogno del dovere solidale della ricchezza che il lavoro globalmente produce: basta con un modello dove  i pochi iper ricchi pagano meno tasse delle persone e aziende normali, spesso grazie ai privilegi di cui la speculazione e le multinazionali godono, in un’economia soggetta alla supremazia dei soldi fatti solo coi soldi e non con il lavoro. I risultati dei summit internazionali, come i G7  e i G20, sono ancora troppo pochi se consideriamo che spesso vengono dimenticati proprio i paesi più bisognosi, come sta succedendo in tema di vaccini. 

 

Per contro decine di migliaia di persone rischiano di perdere il lavoro, anche perché la pur auspicata e importante ripresa, dobbiamo esserne consapevoli, da tempo non si abbina necessariamente a una ripresa dell’occupazione, ma spesso negli ultimi decenni, nei rari anni di crescita, si è affiancata a ristrutturazioni pesanti e a un aumento del lavoro povero. 

Non crediamo che la soluzione sia impedire alle imprese di licenziare, ma certamente la fine della Cassa integrazione Covid e lo sblocco dei licenziamenti devono avvenire con gradualità e attendere una ripresa reale e non ipotetica. 

Serve intanto urgentemente varare nuovi ammortizzatori, che abbraccino tutti, compreso il lavoro domestico, e legati a nuove e diffuse politiche attive del lavoro. Ma anche in questo caso va detto con chiarezza che la prima politica attiva deve giocare d’anticipo sulle crisi e porta il nome di “istruzione e formazione professionale permanente“. Abbiamo bisogno di formazione durante tutta la vita lavorativa, perché è la prima forma di assicurazione sulla stabilità lavorativa, equiparabile all’introduzione dell’obbligo di allacciare le cinture in auto. 

Serve valorizzare e diffondere subito in tutte le regioni le politiche che in tal senso già oggi creano lavoro riscoprendo in particolare la centralità della formazione ai mestieri e la qualificazione del lavoro. 

Le Acli, oltre alla formazione continua, ribadiscono, così come già scritto nel documento Il coraggio del lavoro, come vadano sostenuti maggiormente i lavoratori, workers buyout, che in cooperativa acquisiscono aziende in crisi. 

Non va dimenticato come gli stimati 70000 lavoratori che resteranno a casa andranno a sommarsi a tanti invisibili, specie giovani, donne e migranti, nonché a tanti lavoratori più deboli che già  da tempo avevano perso opportunità di inserimento lavorativo: serve che nel PNRR si aprano concreti spazi e opportunità per l’economia sociale, specie per una politica mirata di inserimenti lavorativi di chi già prima faticava a trovare occupazione. 

Si può e si deve ripartire. Ma nessuno si salva da solo. Ripartiamo tutti insieme, così sarà vera e solida ripartenza.