Se si votasse attraverso il 730, il Pd avrebbe la maggioranza assoluta. Senza alleanze e in presenza del sistema proporzionale. Lo dicono i dati che qualche giorno fa il Mef ha diffuso: oltre il 50% dei contribuenti, che possono destinare il 2×1000 del loro reddito a un partito politico, ha scelto il Pd. Tenuto conto che il più recente sondaggio Ipsos attribuisce al partito di Renzi uno zerovirgola più del 30%, questo significa che nella meno segreta dichiarazione dei redditi, il Pd ottiene un 20% di più di quanto otterrebbe votando con la scheda elettorale.
Si potrebbe dire che gli elettori del Pd amano il loro partito più di quanto altri elettori amino il loro. Oppure che la più parte di chi fa il 730 vota Pd. Oppure che il Pd appare debole sul piano finanziario e gli italiani hanno deciso di aiutare lui e la sua missione politica. Difficile dire.
Sul piano del metodo, possiamo continuare ad applaudire a questa forma civile di libertà fiscale. Il finanziamento pubblico di soggetti socialmente e politicamente rilevanti per la tenuta democratica è un fatto che va di nuovo legittimato, perché oggi la contrarietà è assai forte. Un dato su tutti la spiega facilmente: i contribuenti che hanno destinato il loro 2×1000 ai partiti sono nemmeno un milione, ovvero poco più del 2×100 dei contribuenti. Troppo pochi.
Tenuto conto dei risultati assai diversi del 5×1000 o dell’8×1000, più che porsi qualche domanda, si conferma qualche risposta. Ma questa è la strada giusta: utilizzare anche il fisco per sperimentare una forma controllata di democrazia diretta. Recuperando anche qualche aspetto di positività nella leva fiscale.
Rimane valida la proposta di scegliere dove destinare il prelievo fiscale attraverso la dichiarazione dei redditi. Basterebbe che nel modello 730 ci fosse – tra i tanti riquadri – uno dove poter scegliere tra una serie di macro-categorie: contrasto alla povertà, istruzione, sanità, difesa dell’ambiente, difesa militare, pari opportunità, miglioramento anti-sismico, infrastrutture, ricerca scientifica. In questo caso, si vincolerebbe lo Stato a scegliere alcuni capitoli di spesa piuttosto che altri.
I dati del Mef ci dicono anche che altri partiti guadagnano (e, in questo caso, il verbo è appropriato): in particolare quelli più a sinistra del Pd, ovvero Rifondazione comunista e Sel. Raggruppandoli, il loro risultato fiscale è nettamente superiore al risultato politico ottenuto dal partito più a sinistra del Pd su cui è stato effettuato il sondaggio Ipsos, ovvero Sinistra italiana. I partiti di destra e centrodestra, invece, segnano il passo. Forza Italia, sul piano fiscale, sarebbe un piccolo partito. Anche i Fratelli d’Italia e la Lega Nord perdono, ma in modo poco significativo. Non c’è il M5S, che non può ricevere soldi perché non ha lo statuto di partito.
Sarà interessante verificare questo dato il prossimo anno fiscale dato che, scomparendo ogni altra forma di finanziamento pubblico, rimarrà solo questo strumento.