L’Uno di maggio serve anche per dire che Uno non vale Uno

Troviamo una facile riscrittura dell’articolo Uno della Costituzione lungo il calendario: l’Italia (17 marzo) è una repubblica (2 giugno) democratica (25 aprile) fondata sul lavoro (1 maggio). Una sequenza temporale così spiegata sarebbe fortissima anche sul piano didattico, se solo la sapessimo sfruttare bene. Nell’attesa che il ministro dell’Istruzione ci pensi, noi ci apprestiamo a festeggiare il Primo maggio. Vale la pena ricordare che il Primo maggio, diversamente dalle altre tre festività, è l’unica la cui titolarità non appartiene in modo diretto allo Stato, ad alcuno Stato, ma ai lavoratori. Le altre tre festività è corretto siano celebrate dalle istituzioni repubblicane – anche se, come si è visto, quella del 25 aprile registra qualche preoccupante segnale di diniego, da alcune parti politiche – mentre a quella del primo maggio le istituzioni repubblicane accompagnano, assistono, nel migliore dei casi incoraggiano e a volte premiano: per esempio si assegnano i cavalierati. Ma per il resto la festa appartiene interamente ai lavoratori, di tutto il mondo. Questo vale per sottolineare che qualunque sia il regime, qualunque sia il colore del governo, qualunque sia il momento politico interno, ecco, per un giorno il mondo ricorda chi lo fa andare avanti nella quotidianità dello sforzo materiale, intellettuale o spirituale. Vediamo se qualche governante eccepisce anche su questo…

Dire che la festività appartiene ai lavoratori e non agli Stati significa anche accettare che la titolarità sia delle organizzazioni che rappresentano e tutelano i lavoratori. Questo è un passaggio – di questi tempi – un po’ più hard, eppure la difesa dei lavoratori non l’ha fatta qualche entità strana e astratta ma umanissime unioni di persone che lavorano, dai sindacati alle associazioni, e che in qualche caso hanno pure versato il sangue. Questo fatto ci serve anche per dire che in economia – e spesso anche nella società – un “uno” non è uguale ad un altro “uno”: un imprenditore ha comunque più forza di un lavoratore e una impresa multinazionale è più di un impiegato o di un operaio. Proprio per questo esistono le organizzazioni sindacali e le associazioni di lavoratori: per tutelare i tanti “uno” deboli o più deboli che si preparano a lavorare, che lavorano, che perdono il lavoro e che non lavorano più, ma che messi tutti insieme fanno un grande Uno. Con questa consapevolezza festeggiamo l’Uno maggio, ricordando che – diversamente (ma giustamente) da quanto accadde all’Assemblea costituente – stavolta possiamo dire che la sovranità appartiene ai lavoratori. Liberi di organizzarsi.

Roberto Rossini