Ricerca Acli-Iref: addio al mito del “benessere contadino”. più poveri e con meno servizi gli abitanti delle aree interne del paese

Chi vive nelle aree interne del Paese non ha accesso a servizi pubblici adeguati ed è più povero di chi vive in città.  È quanto emerge dalla ricerca “Povertà, vulnerabilità e disuguaglianza. La nuova sfida dei territori e delle comunità”, presentata questo pomeriggio a Roma dalle Acli (qui il video integrale della presentazione). Grazie all’analisi sul panel quadriennale di dichiarazioni dei redditi presentate nei Caf Acli, l’Iref, l’Istituto di Ricerche Educative e Formative delle Acli, ha certificato come la povertà relativa non è un fenomeno solo urbano, ma in proporzione è più diffusa nelle aree interne d’Italia. Per alcune tipologie familiari il gap di reddito tra città e aree periferiche assume proporzioni estremamente ampie.

Sono state analizzate oltre 600.000 dichiarazioni dei redditi, in forma anonima, di famiglie che sono state seguite dal Caf Acli negli ultimi quattro anni. Per l’elaborazione dei dati, è stata presa in considerazione la classificazione della Strategia nazionale per le aree interne (Snai). Viene definito “polo” quel comune (polo comunale) o aggregato di comuni confinanti (polo intercomunale) in grado di offrire simultaneamente tutta l’offerta scolastica secondaria, almeno un ospedale sede di DEA di primo livello e almeno una stazione ferroviaria di categoria Silver. La ricerca mostra come a mano a mano che si passa dai poli alle aree ultra periferiche, i redditi medi annuali equivalenti al netto dell’inflazione calano di importo. Nei poli, il valore si attesta intorno ai 19.600 euro, mentre nelle aree ultra periferiche scende a 15.800 euro, una differenza in negativo di quasi 4.000 euro. Ogni cinque famiglie in povertà relativa una è residente nelle aree interne (20,2%). La quota di nuclei familiari relativamente poveri è nettamente più bassa nei comuni polo rispetto agli ultraperiferici (7,6% Vs. 12,8%).

La differenza di reddito tra città e aree interne

Una famiglia monoreddito con carichi familiari che vive nei poli urbani o nelle aree attorno ai poli guadagna 14mila euro, la stessa famiglia residente in aree interne 11.947 euro. ll reddito familiare medio annuo equivalente di una famiglia bireddito senza carichi che vive in un polo urbano è di 33.254 euro, mentre il reddito di una famiglia monoreddito con presenza di carichi che vive in un’area interna del paese è di 11.947 euro. La differenza è di oltre 21.000 euro, un importo notevole, e il rapporto tra i due redditi è di 2,8 superiore a favore della famiglia bireddito urbana. La differenza media salariale per residenza a livello di Paese è di circa 3.180 euro.

Chi è più a rischio di povertà  

La ricerca ha analizzato anche quanto incide la struttura familiare sulla probabilità di entrare in soglia di povertà. Le famiglie monoreddito con carichi presentano il rischio maggiore: le famiglie sotto soglia di povertà (14,6%) sono circa 4 volte superiori a quelle sopra soglia (3,5%); a seguire i vedovi con carichi familiari, con fattore di rischio 3,9; i separati o divorziati con carichi, con fattore 2,3; i single e le coppie di fatto con carichi, con fattore 2,3; e via via a scendere fino a che il fattore di rischio scende sotto l’uno e si inverte la polarità: essere vedovi senza carichi (0,8) e in generale essere famiglie bireddito (0,5 e 0,1)  contrasta l’ingresso in soglia di povertà. Ciò che sembra incidere di più sul fattore di rischio è la presenza di carichi familiari, avere un solo reddito e una certa condizione di solitudine.

La ricerca dimostra come nelle aree interne d’Italia i poveri ci sono e la loro incidenza è maggiore che nei centri urbani. In proporzione sulla popolazione sono un numero più piccolo, ma vivono una situazione di doppia deprivazione: oltre a non avere sufficienti risorse economiche, non possono usufruire neanche di servizi pubblici adeguati.

Qui la sintesi della ricerca