“Sul viso di mio figlio ho visto tutto il male del mondo”. La storia di Giulio Regeni e la disinvoltura della politica

Di Daniele Rocchetti, delegato nazionale alla Vita cristiana

“Sto andando da Giulio” 

Era il cinque novembre dello scorso anno. Quella sera accompagnavo Claudio e Paola, genitori di Giulio Regeni, e Alessandra, il loro avvocato, in giro per Città Alta. Li avevo invitati per un incontro di Molte Fedi organizzato insieme agli amici di Fiato ai Libri. Per i genitori di Giulio era la prima volta a Bergamo e, come tanti, erano stupiti di fronte alla bellezza della nostra città.
Mentre a piedi giungiamo in fondo a via Arena,dietro a Santa Maria Maggiore incontriamo una signora, affezionata ai nostri incontri. Riconosce me ma non quelli che stanno camminando insieme. Mi dice: Sto andando da Giulio… Giulio Regeni. Non mi dice: Sto andando alla serata” ma proprio Sto andando da Giulio. Provo un groppo in gola e sento la commozione profonda di Claudio e Paola. Che, non a caso, riportano questa inaspettata carezza nel libro che hanno da poco pubblicato (Giulio fa cose, Feltrinelli).
Dopo un giro in Piazza Vecchia, arriviamo allAuditorium del Seminario: più di mille persone, la grande maggioranza giovani, in sala. Tantissimi quelli che non sono riusciti a prenotare lincontro, esaurito da tempo. Un abbraccio caldo, affettuoso e un lungo racconto.  

Giulio, cittadino del mondo 

A parlare di Giulio, un giovane come tanti dei nostri, come tanti dei nostri figli. La parte bella del nostro Paese: quella generosa e solidale, che parte per il mondo e cerca di comprenderlo.Che non teme laltro, che costruisce ponti, che ricorda a ciascuno valori che hanno lo spazio del noi, più grande del perimetro degli egoismi e dei tornaconti personali. 

Giulio Regeni era così: un viaggiatore, un cittadino del mondo. Chi lha conosciuto lo ha descritto in questo modo: serio, concentrato sul suo lavoro. Appassionato di vita e di verità. Convinto che ciascuno potesse fare qualcosa per migliorare la storia delle persone. 

Quella sera Claudio e Paola, hanno voluto ricordarlo perché le cose e i valori in cui credeva non vadano persi. Hanno ricordato la sua passione per i libri e parlato dei suoi sogni. Hanno raccontato la sua gioventù tra Cambridge e Fiumicello, il paese ad una quarantina di chilometri da Udine. Metteva giù lo zaino e correva da Flavio, il suo professore di matematica, da Ivan il pittore o da don Gigi, il parroco della comunità e suo amico. 

I desaparecidos d’Egitto 

E poi le parole di Alessandra, lavvocato che segue liter giudiziario e internazionale della vicenda con un legame fortissimo con la famiglia. Parole pesanti che colpiscono tutti in sala: tortura, morte, depistaggi, omissioni. E due domande: Chi e perché?. 

Domande che non riguardano mai solo Giulio ma – come spesso ripetono insieme Alessandra, Paola e Claudio quando girano lItalia – tutti i Giulii e le Giulie dEgitto (Lultimo in ordine di tempo, Patrick George Zaky, lo studente egiziano che studia a Bologna ed è stato accusato nel suo paese, catturato, torturato per sette ore). Ne spariscono 3-4 al giorno, con serialità argentina o cilena, in un paese dove tanti corpi torturati narrano la ferocia della repressione. È Paola, la mamma di Giulio, a lasciare senza fiato la sala: Su quel viso ho visto tutto il male del mondo e mi sono chiesta perché tutto il male del mondo si è riversato sui lui. Allobitorio, lunica cosa che ho ritrovato di quel suo viso felice è il naso. Lho riconosciuto soltanto dalla punta del naso. 

La politica italiana non ritira l’ambasciatore. Al contrario: vende armi all’Egitto 

La storia di Giulio, ricercatore scomparso al Cairo il 25 gennaio 2016 e ritrovato nove giorni dopo, torturato e ucciso per motivi apparentemente sconosciuti è ancora aperta. LEgitto non collabora e lItalia, nonostante le promesse fatte ai tanti che in tutto il Paese chiedono verità, ha trovato tempo non di ritirare lambasciatore (come i genitori stanno chiedendo) ma, piuttosto, di avviare la vendita di due navi militari al Cairo per un costo di un miliardo e duecento milioni. La notizia è di questi giorni ed è rimbalzata su parecchi quotidiani. Aspettiamo la verifica. Vedremo se a vincere, nonostante la retorica, sarà il business. Se così fosse, a perdere è lumanità di tutti.