VIII Domenica del tempo ordinario

Domenica – 26 febbraio 2017 – Anno A
Parola del giorno: Is 49,14-15; Sal 61; 1 Cor 4,1-5; Mt 6,24-34

DAL VANGELO SECONDO MATTEO (6,24-34)

24Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.
25Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? 26Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 28E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? 31Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. 32Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena.

COMMENTO AL VANGELO
a cura di don Marco Cagol, accompagnatore spirituale Acli Padova

È netta la presa di posizione di Gesù a proposito del rapporto dell’uomo con la ricchezza: «Non potete servire Dio e la ricchezza». Egli pone un’alternativa radicale tra Dio e la ricchezza. Quasi che nella ricchezza sia insito un rischio mortale per l’uomo. Altri evangelisti, ad esempio Luca, riportano molte parole di Gesù sul pericolo della ricchezza per la vita, presente e futura, dell’uomo.

Questo monito di Gesù, unito alle parole successive, suggestive e provocanti riguardo alle “preoccupazioni” dell’uomo per la sua vita, non è primariamente un’indicazione etica, o un giudizio sulla ricchezza in sé. È piuttosto una parola che vuole gettare un raggio di luce sulla nostra vita interiore, da cui poi certamente nasce un’etica. Per Gesù la questione della ricchezza si gioca nel cuore dell’uomo. È nel cuore che l’alternativa diviene radicale, ed è nel cuore che l’uomo vive o muore.

Qual è la dinamica interiore per la quale la ricchezza può divenire un pericolo per l’uomo? Quella di illudersi che la ricchezza sia ciò che può garantirgli la vita; quella per cui ad un certo punto, nell’intimo dell’uomo nasce un legame quasi vitale (che di fatto è una catena) con i beni materiali. Il riferimento alla preoccupazione «per la propria vita, e per quello che mangerete e berrete» ci spiega in quale senso. L’uomo ha bisogno del nutrimento per vivere: materiale, e non solo. Però il nutrimento vero per la sua vita non gli viene dalla ricchezza, ma da Dio. La ricchezza illude di nutrire in modo esaustivo la nostra vita, ma ci inganna. Non è la fonte ultima della vita: la fonte della vita è Dio. Il cuore a volte sbaglia nell’individuare la fonte della vita, perché su questo la ricchezza è ingannevole: con essa l’uomo in effetti può avere la sensazione di aumentare la propria libertà, la propria autonomia, la propria potenza. Ma è una libertà, un’autonomia, una potenza effimera, dura un momento, e non è ciò di cui ha bisogno veramente l’uomo.

Ma c’è di più: in qualche modo l’uomo legato alla ricchezza avverte in qualche angolo del suo cuore che essa in realtà illude; e questa irriflessa sensazione dove rischia di portarlo? A pensare di dover avere sempre più ricchezza, per saziare la sua “fame”. E dunque l’uomo accumula, e “serve” la ricchezza, si prostra ad essa, perché essa gli dia ciò che cerca: ma essa non glielo dà. Essa si trasforma così in un idolo sempre insoddisfatto.
La fame profonda che l’uomo ha non è quella saziata dalla ricchezza, è un’altra!

Gesù, con le sue parole nette, ci aiuta proprio ad uscire da questo inganno: i beni materiali ci servono, non sono cattivi in sé, ma non sono la fonte della vita. Non possiamo trattarli come se lo fossero, perché sennò diventano idoli e ci schiacciano.

Gesù ci propone di non dimenticare mai che solo Dio è Dio. Ci apre all’esperienza interiore dell’affidamento a lui. E ci invita a “servirlo”, nel senso di vivere la vita alla sua presenza, di vivere la vita come testimonianza della sua “cura” per l’uomo, di essere interpreti del suo cuore di Padre.
I beni di questo mondo, la ricchezza, ci servono, ma non dobbiamo farci loro servi. Facendoci servi della ricchezza, inoltre, renderemo schiavi anche molti altri di questo idolo insaziabile, propagando ingiustizia ed inequità, come usa dire Papa Francesco.